3783! Cifra ricavata da quel 2,9% che incuriosisce.
L’Istituto Superiore di Sanità ha diffuso il Report sulle caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da SARS-CoV-2 in Italia aggiornato al 5 ottobre 2021.
Esordisce così: Il presente report descrive le caratteristiche di 130.468 pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 in Italia dall’inizio della sorveglianza al 5 ottobre 2021 riportati dalla Sorveglianza Integrata COVID-19 coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS). L’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 è 80 anni (mediana 82, range 0-109, Range InterQuartile-IQR (1° quartile=74; 3° quartile=88)). Le donne decedute sono 56.792 (43,5%). La figura 1 mostra che l’età mediana dei pazienti deceduti positivi a SARS-CoV-2 è più alta di oltre 35 anni rispetto a quella dei pazienti che hanno contratto l’infezione (pazienti deceduti: età mediana 82 anni; pazienti con infezione: età mediana 45 anni). La figura 2 mostra il numero dei decessi per fascia di età. Solo nella fascia di età ≥90 anni il numero di decessi di sesso femminile è superiore a quelli di sesso maschile. Questo dato è da mettere in relazione al fatto che la popolazione di età ≥90 anni in Italia è costituita per circa il 72% da donne. Complessivamente, le donne decedute dopo aver contratto infezione da SARS-CoV-2 hanno un’età più alta rispetto agli uomini (età mediane: donne 85 anni – uomini 80 anni). Al 5 ottobre 2021 sono 1.601, dei 130.468 (1,2%), i pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi di età inferiore ai 50 anni. In particolare, 399 di questi avevano meno di 40 anni (245 uomini e 154 donne con età compresa tra 0 e 39 anni).
Si trova tutto sul sito ufficiale dell’ISS:
https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia
Il primo dato indicato è che L’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 è 80 anni.
Il secondo dato si ricava dalla figura 1: mostra che l’età mediana dei pazienti deceduti positivi a SARS-CoV-2 è più alta di oltre 35 anni rispetto a quella dei pazienti che hanno contratto l’infezione (pazienti deceduti: età mediana 82 anni; pazienti con infezione: età mediana 45 anni).
Un terzo dato significato conclude il paragrafo: Al 5 ottobre 2021 sono 1.601, dei 130.468 (1,2%), i pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi di età inferiore ai 50 anni. In particolare, 399 di questi avevano meno di 40 anni (245 uomini e 154 donne con età compresa tra 0 e 39 anni).
La pubblicazione del Report ufficiale non è sembrata agli organi di stampa una notizia degna di essere pubblicata. Potendo in qualche modo indurre a qualche sospetto che la narrazione oligarchica qualcosa nasconda, si può capire la ragione dell’omertoso silenzio. Uno degli infiniti tanti da mesi. Solo il quotidiano romano Il Tempo ha dato spazio all’ISS intuendo la portata del contenuto, ma forse con una qualche conclusione che non colpiva del tutto nel segno.
E poi abbiamo i dati fondamentali della Tabella 1 anticipati da una presentazione:
La tabella 1 presenta le più comuni patologie croniche preesistenti (diagnosticate prima di contrarre l’infezione) in un campione di pazienti deceduti. Questo dato è stato ottenuto da 7.910 deceduti per i quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche. Le cartelle cliniche sono inviate all’ISS dagli ospedali secondo tempistiche diverse, compatibilmente con le priorità delle attività svolte negli ospedali stessi. Il campione è quindi di tipo opportunistico, rappresenta solo i decessi in soggetti che hanno avuto necessità del ricovero, e le Regioni sono rappresentate cercando di conservare una proporzionalità rispetto al numero di decessi. Il numero medio di patologie osservate in questa popolazione è di 3,7 (mediana 3, Deviazione Standard 2,1). Complessivamente, 230 pazienti (2,9% del campione) presentavano 0 patologie, 902 (11,4%) presentavano 1 patologia, 1.424 (18,0%) presentavano 2 patologie e 5.354 (67,7%) presentavano 3 o più patologie. Nelle donne (n=3.218) il numero medio di patologie osservate è di 3,8 (mediana 4, range 0-12, Range InterQuartile – IQR (1° quartile=2; 3° quartile=5). Negli uomini (n=4.692) il numero medio di patologie osservate è di 3,6 (mediana 3, range 0-12, Range InterQuartile – IQR (1° quartile=2; 3° quartile=5).
Come si capirà certo, qui si tratta di statistica e quindi è con questo metro che vanno letti i dati. Si può considerare la campionatura dei 7.910 cartelle cliniche esaminate come quella percentuale tra il 5% e il 10% che assicura affidabilità scientifica all’indagine. Su come siano state scelte queste cartelle cliniche di deceduti correlati a SARS-CoV-2 dobbiamo fidarci della professionalità dei ricercatori che hanno elaborato i dati, che pure offrono alcuni criteri assunti nella raccolta e che si sono coerentemente firmati alla fine del Report, assumendosi così la responsabilità scientifica dell’indagine.
Chiaro da quanto citato sopra e ancor più immediato da quanto risulta graficamente dalla Tabella 1, i ricercatori hanno ripartito i deceduti in quattro gruppi: 0, 1, 2, 3. Indicanti rispettivamente quanti non avevano alcuna patologia osservata, quanti una, quanti due, quanti tre o più. Ebbene ipotizzando la letalità del virus, il 100% va ripartito con base di impatto di 25% per il gruppo 0, il 25% per il gruppo 1, il 25% del gruppo 2 e il 25% del gruppo 3. Si legge invece che il virus in questione ha un impatta in modo letale solo per 2,9% nel gruppo 0, quello cioè delle persone senza patologie osservate, quindi, in rapporto alla base, un – 22,1. All’estremo, cioè nel gruppo in cui sono state rilevate tre o più patologia, il virus è stato mortale per un 67,7% dei soggetti, ovvero un + 42,7. Nei due casi intermedi abbiamo una percentuale di 11,4% nel gruppo 1 accreditato di una patologia (quindi a impatto letale – 13,6) e una percentuale di 18,0 per quanto riguarda il gruppo 2, con due patologie osservate (impatto a – 7).
Quindi i dati ci spiegano perché la media dei deceduti sia anni 80. Capiamo anche che il virus ha impattato particolarmente su persone con una qualche patologia: se sommiamo i gruppi 1, 2 e 3 arriviamo al 97,1% di soggetti che contagiati dal virus non ce l’hanno fatta a superare la crisi. Passando dalla campionatura allea cifra intera risulta che dei 130.468 decessi registrati da febbraio 2020 solo il 2,9 % non aveva patologie: ecco da dove esce quel numero 3783: sono le persone decedute in quasi due anni a causa della Sars-coV-2 che non avevano patologie osservate. Alla luce di quanto abbiamo visto e letto si potrebbe dedurre che si è trattato di un virus ad un livello di contagiosità alta, con una morbilità normale e una letalità bassa.
E allora la domanda è: tutto questo per un’influenza stagionale un po’ più cattiva di altre? Anche nel 1968 ci fu una sindrome influenzale acuta e mezza Italia è stata a letto qualche giorno in più rispetto agli standard invernali ormai tradizionali. Se si vanno a rileggere i titoli dei giornali del 2015 si leggono dati sull’intasamento degli ospedali e dei reparti di terapia intensiva. Senza troppa difficoltà si può navigare nei siti dell’ISS e dell’ISTAT e verificare le cifre dei decenni scorsi per accertarsi che in certi periodi la sindrome influenzale causava anche 300 decessi al giorno e che da sempre le fasce più a rischio sono state legate all’età avanzata e alla concomitanza di una o più patologie pregresse.
La prima tristezza è che siamo un popolo di ammalati. E con più patologie, persino. Continuiamo ad essere ingenui a ignorare il mondiale business della malattia? Ho già scritto al riguardo nel mio libro.
La seconda tristezza è invece un’amara percezione da cui stento a liberarmi: dunque, sembra proprio che siamo stati ingannati. Lockdown, distanziamento, mascherine, coprifuoco, vaccini, greepass… un Inganno enorme. Per una sindrome influenzale stagionale un po’ più contagiosa (ma neanche tanto) di altre passate. Che demenza!