Eh sì, bisogna dare contenuti ai concetti. Se si parla di Nuovo Umanesimo Eticratico si deve esigere che si sappia spiegare di cosa si tratta. Ho già avuto modo di scrivere più articoli al riguardo, rimarcando aree, a mio avviso importanti, alle quali offrire punti di vista stimolanti per una “ripartenza” veramente umana, inedita nella storia della civiltà. L’abbaglio pandemico con cui si è cercato di accecare l’intelligenza degli italiani si è rivelato quell’inganno che segnalavo già il 24 febbraio scorso e adesso ci sono davanti mesi in cui provare a girare un nuovo film.
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Dicevo che sarei ritornato su questo concetto fondamentale del Progetto Mondo Migliore per entrare ad esaminare da vicino i tre elementi linguistici che compongono l’espressione Nuovo Umanesimo Eticratico. Lo farò con tre articoli in cui proverò a definire – per quanto ci riesco – il sostantivo “Umanesimo” e venire poi ai due aggettivi che ne descrivono la caratteristica: “Nuovo” ed “Eticratico”. Indispensabili i contenuti! Altrimenti si ha solo flatus vocis, ossia parole al vento, anche forse dal bel suono, ma prive di consistenza, come quella famosa casa costruita sulla sabbia che alla prima intemperie frana sulla propria fragilità. In un tempo in cui una delle modalità comunicative della politica è spesso centrata sugli slogan ad effetto, piacevoli all’orecchio quando sono accattivanti, ma avari di sostanza quando si cerca nutrimento, impegnarsi nella via dei contenuti è quasi un dovere morale di chiunque si metta a scrivere. Non importa che non si sia d’accordo con questa o quella visione, che si apprezzi o meno un’osservazione o una riflessione: ognuno si muove all’interno della propria mappa… che non è il territorio.
Davvero incomprensibili certe accanite discussioni! O sono pura sceneggiatura da talk show o scontri tra ego voluminosi, spesso tra maschi alfa in dovere di dimostrare il vigore del loro testosterone. Peccato questa lacunosa intelligenza emotiva che molto trarrebbe dalla lettura di Emerson. Scriveva, tra l’altro, il pensatore americano: “Che cos’è la vita se non l’angolo di visuale? Un uomo si misura dall’angolazione da cui guarda alle cose. Che cos’è la vita se non ciò che un uomo pensa durante il giorno? Questo è il suo fato e il suo padrone”. Quel che conta è esserne consapevoli, evitare la banalità, porgere il proprio pensiero senza pretese dogmatiche e cercare di onorare l’intelligenza. La propria, naturalmente, ma anche quella degli altri.
Più giù, concludendo, indicherò le cinque caratteristiche dell’Umanesimo di cui vogliamo vedere presto l’alba ma cerchiamo di capire cosa si intende quando si usa la parola “Umanesimo” dando per un attimo uno sguardo al passato.
Ci facilita il fatto che in Italia ne abbiamo già avuto uno. Dobbiamo risalire alla metà del 1300, in un momento di genialità tutta italiana, in cui prende avvio un movimento di grande portata culturale, poi anche europea, che segnerà una crescita impressionante nella comprensione dell’Uomo. Perché? Per il fatto che si ravviva un spirito di ricerca e di voglia di novità straordinario andando a scavare nel passato della nostra civiltà per trarne le ricchezze di pensiero, teorico e pratico, da tempo dimenticate. O nascoste. Chi non ricorda l’avvincente intrigo sull’occultamento del Secondo libro della Poetica di Aristotele raccontato nel Nome della Rosa ambientato appunto in quegli anni? Un romanzo, certo, ma su un fondo di sospetto mai del tutto dissipato dalla storia.
Preparando quello che sarà il Rinascimento (anche questo italiano nella sua ispirazione) gli “umanisti” si dedicano a conoscere e studiare le lingue e le letterature classiche, greca e latina, considerati una strumento di elevazione spirituale per l’Uomo tout-court, non più ormai solo homo religiosus. L’ambizione di questi uomini era notevole quanto la loro passione per il prodigio che vedevano realizzarsi: non soltanto erano intenti al recupero, allo studio, alla pubblicazione dei testi classici, ma la loro attività era intesa, più generalmente, alla creazione letteraria e filosofica, all’elaborazione di una nuova civiltà, anche con una nuova lingua. Non solo immersione nelle biblioteche e culto di un grande passato dimenticato, ma dall’amore per gli studi classici e per le humanae litterae si giunge alla concezione dell’uomo e della sua dignità quale autore della propria storia, punto di riferimento costante e centrale della riflessione filosofica.
In fondo, la meta finale cui ambiva quel movimento era l’Educazione dell’Uomo e questo non poteva avvenire solo recuperando un elegante e ricco passato e neppure tentando di imitarne i modelli affascinanti del tempo classico: ci si avventurò nella creazione di nuovi stili per un presente dove si comunicava sempre più in modo nuovo: ormai la lingua era quella detta volgare, ossia parlata dal volgo. E persino in quel inedito idioma nacquero capolavori letterari che cercavano ci raccontare in prosa o cantare in poesia l’uomo che guardava a se stesso come homo faber fortunae suae. L’uomo artefice e protagonista della sua realizzazione, della sua auto-realizzazione.
Insomma, abbiamo un modello importante cui ispirarci … e per andare oltre apportando gli apprendimenti che negli ultimi sei secoli non sono stati di poco conto. In quell’Umanesimo si traevano dalle discipline classiche gli strumenti per andare oltre l’istruzione di chierici e frati e per educare l’Uomo. Oggi, quell’Uomo, rimasto identico nella sua sostanziale Natura, vive tuttavia in un mondo che non è neppure più quello di Galileo e di Newton, esaminato in dimensioni comprese tra un infinitamente piccolo e uno smisuratamente grande da vertigine inaudita. Nel XIV e XV secolo il motivo di tanto interesse per la letteratura, la grammatica, la filosofia, la storia, la poesia, la retorica aveva un paradigma: per i romani le principali opere letterarie insegnavano ai giovani come approcciarsi alle passioni e alle vicende umane, la retorica preparava alla fondamentale vita politica, la filosofia introduceva alle forme più alte del sapere, grazie al confronto con i problemi etici e morali.
Possiamo essere grati a quel passato, ma non possiamo accontentarci di un ricalco e neppure di una anacronistica imitazione dei contenuti. Imitare non ha naturalmente nulla di riprovevole quando il modello è di eccellenza, anzi. Quel che possiamo intelligentemente fare è lasciarci ispirare, perché tesori di cultura e di sapienza genuini diventino stimolo creativo a rendere immortale nel presente la genialità del passato. Non la chiamerei neppure “attualizzazione” perché il nostro presente va vissuto in modo originale nella sua singolarità storica; il mio desiderio è che ci considerassimo su molti aspetti della conoscenza della Natura Umana dei “nani”, entusiasti di salite sulle spalle dei giganti che, fraternamente, si rendono disponibili, anche a distanza di millenni, a farci vedere più lontano di quanto non erano riusciti a vedere loro stessi. Mi pare un’avventura affascinante, meritevole di essere vissuta.
Pensate: a questo inizio millennio diventare protagonisti di un altro intenso momento di straordinaria fioritura e vivacità culturale a livello mondiale, motivato da una accentuata consapevolezza della posizione privilegiata dell’Uomo nell’Universo, mettendone in rilievo il Valore e rivendicandone i diritti, le esigenze, i sogni, dando realizzazione ad una spiritualità cristallina da far sperimentare l’era del Paradiso in Terra. Adesso.
Anche se la riflessione sui contenuti del Nuovo Umanesimo Eticratico dovrà restare continuamente aperta ad arricchimenti continui, mi sembra che possiamo tuttavia indicare, in via preliminare, alcune caratteristiche affinché un fenomeno culturale possa essere riconosciuto come un “Umanesimo”. Ne vedo al momento cinque fondamentali che indicherò qui solo in poche righe fiducioso che nel corso del tempo altre idee si aggiungeranno:
Prima. Dovrà mostrare un interesse vero e “pulito” per Uomo, ossia senza seconde intenzioni, ponendosi come Via all’autorealizzazione piena di ogni persona, riconosciuta sempre come Valore-Fine e mai come Occasione-Mezzo. “Umanesimo” può essere chiamata solo una visione del mondo capace di presupporre e coltivare l’universale uguaglianza del Genere Umano, superando in una armoniosa Unità ogni diversità data dalla razza, dal colore della pelle, dalle credenze religiose, dal sesso, dall’età, dalla provenienza, dalla parentela, dalla salute fisica o mentale, dalla storia personale, dallo status sociale, dalla condizione economica e da ogni immaginabile discriminazione. Non più umanesimi di settore che riguardino una particolare tipologia di uomo: né quello cristiano o marxista o ateo, ecc. Con il loro amore per la chiarezza, i maestri medievali avrebbero detto, l’Uomo, simpliciter loquendo e non secundum quid: cioè interessiamoci e appassionandoci all’Uomo e basta.
Seconda. Dopo secoli fortemente segnati dai concetti di peccato, colpa, pena, salvezza, dannazione, morte, vita eterna e affini, sarà da considerare “Umanesimo” una comprensione della Natura Umana come realtà perfetta in sé. Nulla di compiuto, ma un appassionato percorso di consapevolezza tesa al superamento del dualismo umano/divino, elevando le coscienze alla contemplazione armoniosa dell’Unità del Tutto. Sia un evento culturale sfacciatamente provocatorio nella creazione consapevole di un inedito punto di vista sull’Essere Umano considerato Inizio, Centro e Fine, plasmato dal Bene e di esso permanente ed eterna manifestazione.
Terza. Dovrà essere visibile e dichiarato l’intento di umanizzare l’Economia con una sfida ardita e lucida a modelli che non mettano al centro la Dignità della persona in ogni sua espressione. Umanesimo significherà così in modo prioritario la ricerca spietatamente onesta delle cause della povertà per eliminarla “concettualmente”, oltre che praticamente, dallo scenario mondiale. Nessuna esitazione deve sussistere nella volontà di smascherare ogni ingannevole e criminale macchinazione di potentati affaristici volta a generare schiavitù, in qualunque forma essa sia intesa. Proattivamente, generare e rendere operativo a vantaggio dell’intera Umanità un nuovo paradigma economico artefice di un benessere collettivo mai sperimentato prima nel corso della storia.
Quarta. Spesso nel dispiegarsi dei secoli, nulla è stato più disumano della politica. Degenerando in derive assurde, essa è non solo venuta meno alla sua ispirazione di promotrice di una convivenza pacifica tra i popoli, ma è all’origine di profonde ingiustizie e innumerevoli conflitti. Le molte modalità di governo ideate e messe in atto hanno sovente palesato una comprensione del potere volta al dominio anziché al servizio. Così, non può esserci Umanesimo senza una rivisitazione totale del concetto stesso di Politica, facendo emergere la sua vocazione ad essere scienza architettonica in sommo grado volta alla celebrazione dell’uguaglianza e della libertà di tutti i cittadini, di qualsivoglia comunità. La volontà di impegnarsi con tutte le forze alla costruzione di una convivenza veramente umana che avvicini in una fratellanza universale i popoli della Terra deve essere nell’agenda programmatica del New Deal dell’Umanità.
Quinta. Un Umanesimo è strutturalmente un Modello educativo ispirato alla realizzazione piena di ogni persona secondo l’ispirazione aristotelica: “Esercitare liberamente il proprio ingegno: ecco la vera felicità”. Su questo ho già proposto alcune Linee orientative per una pedagogia improntata alla consapevolezza di Sé in una visione positiva della Natura Umana.
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Un Umanesimo da Terzo Millennio per andare Dentro e Oltre la storia. Per diventare finalmente quello che Siamo, ossia Esseri liberi di realizzare i propri Sogni e viverli in un Mondo dove regni la suprema legge dell’Amore. Un concetto ricco. Debordante di contenuti che irrorano di linfa vitale il quotidiano entusiasmo di quanti hanno creduto e credono che un Mondo Migliore sia possibile. Inoltre, con l’affermazione condivisa e promossa che c’è Abbondanza per tutti cade inesorabile il muro che vietava l’accesso alla Sorgente inesauribile dell’Energia universale. Del Tutto, per Tutti.