Commissariare la RAI! Subito.
Per manifesta violazione del diritto dei cittadini all’informazione secondo la deontologia professionale dei giornalisti. Per la negazione del pluralismo democratico e di espressione del libero pensiero. Per l’accondiscendenza acritica alle tesi sostenute dai Governi sulla natura della pandemia. Per lo stile aggressivo e propagandistico nella presentazione in video e in audio delle notizie.
La Radio Televisione Italiana è del Popolo Italiano che paga Sedi, Strutture, Dirigenti, Giornalisti e Personale ausiliario.
La RAI ha tradito il Sovrano continuando ad offrirgli informazioni a pensiero unico e in una modalità che offende l’intelligenza, il senso etico e calpesta l’elementare diritto dei cittadini alla verità e imparzialità delle notizie.
Dopo mesi di comunicazioni dopate e servili, accompagnate da immagini montate ad arte per disturbare emotivamente e con tratti di terrorismo mediatico a influenzare a senso unico le scelte sanitarie di milioni di persone, il meno che si possa chiedere è la fine del reato di alto tradimento da parte di un’Azienda dello Stato. Sì, va ribadito, fornire quotidianamente per mesi e mesi notizie a senso unico con disonestà intellettuale e senza offrire possibilità di dibattito con quanti potevano documentare scientificamente una diversa narrazione del fenomeno pandemico è alto tradimento. Nei confronti della Verità, della Giustizia e della Democrazia. In altri tempi e sotto altri regimi, i gerarchi responsabili di tali nefandezze sarebbero stati passati per le armi. Oggi è sufficiente che i grandi e piccoli boiardi della RAI siano sostituiti da personalità libere e indipendenti che riportino l’Informazione del servizio pubblico al valore supremo della libertà.
Sia una Commissione di alto profilo etico a provvedere ad un’immediata sostituzione dei vertici, con un’indagine sull’onestà intellettuale dei Direttori di Rete e dei Redattori cui spetta la responsabilità di decidere le notizie da dare e quelle da tacere, la propaganda da alimentare e le verità da nascondere. Essi andranno comunque ascoltati affinché diano ragione di tanta palese disinformazione e, eventualmente, a quali ordini e di chi abbiano dovuto sottostare.
Sono stati intimoriti o comprati da personalità politiche? Istituzionali fors’anche? Quali? Si dovrà naturalmente appurare quanta pressione le Istituzioni dello Stato hanno esercitato sui giornalisti RAI per ottenere la loro accondiscendenza ad assecondare una narrazione unilaterale del fenomeno Covid-19, certamente tendenziosa quando non proposta in mala fede. Possibile che qualcuno non si sia ribellato a dover scrivere palesi falsità o a tacere notizie non gradite ai piani alti? Non è escluso che possano esserci stati ricatti e intimidazioni anche se questo non assolve dall’aver dolosamente devastato le coscienze impedendo l’espressione di punti di vista legittimamente diversi. Qualcuno rompa l’omertà e parli: come è stato possibile propinare tanta mistificazione giornalistica per quasi due anni? Che strazio? Ho già stigmatizzato lo stupro alla libertà d’informazione relativa alle notizie diffuse dai media italiani fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria in più di un passaggio del mio libro “Eu-dàimon. La felicità nell’Anno di grazia 2020”.
Non è mistero che il giornalismo italiano sia in una situazione davvero imbarazzante e scandalosa. Nell’ultimo rapporto di Reporter senza Frontiere sulla libertà di stampa, l’Italia figura al 41° posto. L’ultimo in Europa! Con Costa Rica e Guatemala nella top ten. Ben inteso, non va scordato che in Italia ci sono anche una ventina di giornalisti sotto scorta e professionalità eccellenti cui si impedisce di emergere dalla mediocrità degli intrattenitori di regime, dai servi del potere di varia militanza e, per usare quell’espressione cantata già tanti anni fa, “da parassiti senza dignità”.
Anche alla RAI ci sono ottimi giornalisti che onorano il loro codice deontologico, purtroppo fiancheggiati e ostacolati da carrieristi e raccomandati, che lì hanno trovato posto malgrado l’agricoltura abbia tanto bisogno di braccia. Molti sono di sicuro intimiditi dagli ordini superiori e più che eseguire con rabbia e malumore non si sentono di fare. La paura di perdere il lavoro è la spada di Damocle che è posta sulle loro teste come un incubo. Costrizioni e ricatti: storia di vigliaccherie editoriali in cui la libertà di pensiero e di espressione sono da tempo perentoriamente castrate dai baronati che trafficano in contratti pubblicitari. Quelli farmaceutici, in particolare.
Cittadini, deve elevarsi il nostro sdegno davanti a un servizio pubblico che sosteniamo abbondantemente con versamenti mensili obbligatori e che ci ripaga con della Propaganda ispirata dittatorialmente dalle Istituzioni. Anche queste lautamente pagate con le gabelle che Governi di incapaci hanno fatto a gara per imporre con innominabile insensatezza.
Si sa che il Potere, anche quello esercitato in una democrazia, cerca di forzare l’informazione a sostenere la propria verità sugli eventi e, in generale, a farne un contenitore educativo alla propria visione del mondo. Non scopriamo oggi che chi governa, indipendentemente dal colore della militanza partitica, ha più o meno spudorata tendenza a estorcere complicità al giornalismo, radiotelevisivo soprattutto, per l’evidente superiore impatto mediatico dell’immagine e della voce sulle parole stampate e patinate. Il mondo politico ha avuto spesso nelle storia repubblicana, anche recente, bisogno di sporcare l’informazione riguardo alle proprie malefatte, chiedendo silenzi o contraffazioni su affari e incidenti di varia natura. In cambio di cosa? Spesso di nulla: l’intimidazione ingiunta con arroganza spaventa e può bastare. La voce del padrone di turno va al sodo: un subdolo ricatto, la perdita del posto, l’affossamento della carriera ma, anche, qualche promessa, elargizione di privilegi, lusinghe, solletico all’ambizione. Certamente anche soldi. In qualche caso tanti.
Quel che si può trovare veramente paradossale è che mentre in occasione della Giornata mondiale la libertà di stampa l’Europa viene definita “pilastro della democrazia” e “mentre in molte regioni l’Unione Europea ha portato avanti importanti azioni a sostegno dei giornalisti, dei media indipendenti e della lotta contro la disinformazione nel contesto della pandemia”, da noi nulla di tutto questo sempre essere accaduto. In Italia la sudditanza senza vergogna di radio e televisioni alla narrazione ufficiale dei Governi e delle Istituzioni sanitarie è stata pressoché totale. Mai visto un allineamento cosi granitico tra servizio pubblico e network commerciali a diffusione nazionale! Pare inconcepibile per aziende che muovono capitali pubblicitari miliardari in spietata concorrenza da anni per accaparrarsi audience ricalcare per mesi la medesima posizione ai telegiornali e nei salotti. Asfissiato il principio di civiltà democratica oltre che giuridica “audiatur et altera pars” (venga sempre ascoltato anche il parere contrario): come poteva essere possibile?
Anche se tornerò più puntualmente a suo tempo sulla questione “televisione”, basti qui questa osservazione essenziale: l’Informazione è da decenni un business! E essa è avvinghiata a doppio giro con il business della Sanità. O meglio, per continuare a far entrare denaro senza limiti alle multinazionali del farmaco serve che la malattia stessa sia la condizione per fare business. Se le persone stanno bene e non hanno bisogno di medicinali, come potrebbero esserci contratti miliardari per la pubblicità radiotelevisiva? I network commerciali italiani hanno dei proprietari che si arricchiscono con dei contenitori che riempiono di spot e messaggi di ottima fattura: si va con buona efficacia ad alimentare la convinzione che ormai non si può fare a meno dei farmaci perché tutti si è potenziali malati. In qualche modo, la persona sana è quella che non sa di essere ammalata. E va convinta: l’obiettivo di un buon amministratore delegato di Big Pharma è di poter disporre di farmaci per ogni essere vivente del pianeta, compresi animali e piante. In epoche così pandemiche nessuno deve sentirsi al sicuro da un qualche virus! A quanti zeri ammonta il business dei vaccini?
Certo, siamo in regime di libera iniziativa e l’imprenditoria privata va salutata positivamente. Quindi i padroni delle televisioni private possono usare i loro giocattoli irridendo etica e buon senso dando ordini ai propri dipendenti di eseguire gli ordini, che quasi sempre vanno nella direzione di non urtare la suscettibilità della case farmaceutiche perché sono galline dalle uova d’oro per i loro affari. I Direttori di rete e i vari Capi di redazione regolano secondo il loro metro di giudizio la prostituzione all’onestà intellettuale della professione giornalistica. Sono certamente molto ben pagati perché i bravi servitori vanno premiati e davanti a tanto agio si può bene fare un patto con la coscienza affinché resti serena: in fondo “pecunia non olet” e mistificare la realtà rimestando nel torbido e accettando di sporcarsi un po’ non è poi la fine del mondo. L’ego già voluminoso è nutrito dalla telecamere che ti portano nelle case degli italiani, si parla di te, sei un volto noto, un conduttore e anchorman di successo, pagato con centinaia di migliaia di euro, con i più servili che hanno parcelle milionarie: chi se ne frega dei rincoglioniti del divano! Quel che conta è che seguano i consigli per gli acquisti e siano ben intrattenuti. Soprattutto che non cambino canale. Che si lascino penetrare dalle notizie e bevano tutto, acriticamente, senza reagire. I network privati sono nati come grandi sodomizzatori degli sprovveduti che neppure si accorgono di quanto si ride alle loro spalle!
E sia! Libertà d’impresa. Ci si copre dietro il fatto che sono stati creati migliaia di posti di lavoro e che così si fanno crescere i consumi e perciò l’economia nazionale. Non è questo il momento di esaminare quanto sia tossico e inconsistente questo argomento: nel mio libro ho affrontato con attenzione sia il tema del lavoro sia i ragionamenti fuorvianti sull’economia. Qui basti dire che verrà il momento di andare a verificare come sono state assegnate le licenze sulle frequenze radiotelevisive. Benissimo l’imprenditorialità privata, legittimo sviluppare iniziative: le frequenze appartengono tuttavia al Popolo italiano e non sarà privo di sorprese l’andare ad indagare sugli inciuci tra amici degli amici, complicità e corruzione politica e scoprire che tutti ci hanno guadagnato, tranne il Sovrano. Il tempo verrà quando la Giustizia potrà esigere la compensazione a tante malefatte in spregio alla legalità. E ci vorrà una magnanimità davvero oltremodo virtuosa anche solo per chiudere un occhio sugli scempi compiuti in questo paese da quel fenomeno incontrollato chiamato “privatizzazioni”. Esse furono invocate come ineludibile soluzione al malfunzionamento di infrastrutture e servizi dello Stato: che abbaglio! Si stavano comprendo solo l’incompetenza e l’incapacità di governanti oliati da potentati non certo interessati al bene dell’Italia.
Ribadisco, Mediaset e La 7, per citare solo loro come giganti noti e rappresentativi dell’Informazione “privata”, hanno dei proprietari che impartiscono gli ordini su come vogliono che i giornalisti concorrano al loro business e la questione, per quanto melmosa, resta una questione di contratto tra privati. Non ci si può stupire se l’Italia si trova poi al 41° posto riguardo alla libertà di stampa. Fare business con l’Informazione comporta qualcosa di disfunzionale che gli analisti hanno visto ma su cui non si vuole aprire un dibattito. Per la RAI, invece, bisogna collocarsi su altra base di riflessione. L’Azienda è degli Italiani ed essa esercita un sevizio pubblico: ciò significa che la proprietà ha diritto di esigere che l’Informazione sia tale e che sia nettamente disgiunta da logiche di business. Non è così purtroppo, perché, malgrado i cittadini paghino mensilmente e obbligatoriamente questo servizio si deve subire pubblicità di ogni genere, compresa quella estesa e invasiva di natura farmacologica.
Che sulla RAI ci sia pesante la mano partitocratica è noto da decenni, ma si poteva fare qualcosa nel tempo per uscire da questo marciume. Il Governi di turno hanno sempre cercato nella RAI l’alleato per orientare, più o meno subdolamente, il consenso e sembrava saggio oltre che opportuno instituire una Commissione parlamentare di controllo affinché il rappresentanti del Sovrano potessero verificare che tutto avvenisse correttamente, conformemente alle regole della democrazia, oltre, ma dovrebbe essere scontato, al rispetto della deontologia professionale dei giornalisti del servizio pubblico. Interessi anche qui troppo grandi: dalla torta RAI ci sono fette per tutti, anche se non equamente distribuite. Big Pharma foraggia con contratti enormi l’Azienda di casa Italia che è ancora in grado di produrre intrattenimenti seguiti da milioni di telespettatori: questi, senza sospettare della lobotomia che giorno dopo giorno è in corso sui loro neuroni, sembrano non avvertire neppure leggero fastidio. Così questo nostro bel gioiello è in mano a “privati”. Non è evidente chi siano perché ufficialmente è tutto pubblico, ma non c’è dubbio, almeno per me che come filosofo non posso distaccarmi dalla mia epoché (il dubbio, la sospensione del giudizio, la radicale spregiudicatezza), che i fili della RAI sono tirati dietro quinte al momento inaccessibili alla luce solare.
Un’altra faccenda mi risultava intrigante. Per me come per molti è durata qualche mese l’incomprensione di un’anomalia: passi per i colossi noti, ma come era possibile che anche le emittenti radiotelevisive locali, commerciali e comunitarie, di un intero Paese fossero allineate sulla monarchia narrativa di un evento che anche a menti per nulla prevenute pareva carico di contraddizioni? Perché una omogeneità di notizie così smaccato senza mai dissonanza, malgrado ci facessero pressanti molte domande inquietanti? Come poteva attuarsi una ipnosi così generalizzata nel giornalismo italiano che infinita responsabilità ha nel disastro psicologico e sociale di una nazione?
Poi è arrivata la risposta. Il Ministero dello Sviluppo economico, sotto dicitura DGSCERP EMERGENZA COVID 19 – Fondo Emittenti Locali, ha stanziato lo scorso anno 50 milioni di euro a Televisioni e Radio su tutto il territorio nazionale. Si trova tutto presentato dettagliatamente nei quattro file che elencano tanto le singole Emittenti quanto l’importo loro riconosciuto. Giusto per un semplice esempio preso da ognuna delle categorie.
TV Commerciali:
Si potranno qui scorrere le tre pagine dense che vanno dagli euro 1.718,684,36 assegnati a Telenorba in Puglia ai pochi spiccioli (euro 8.861,69) versati a tale emittente Le Cronache, in Basilicata. Ma c’è naturalmente anche Telelombardia, Antenna Tre Veneto e via via un lungo elenco di chi commercia le notizie via etere o per qualche altra via.
TV Comunitarie:
Qui le pagine fitte sono cinque perché sono parecchie anche le televisioni che emettono non a scopo di lucro. Era giusto che il Ministero non le dimenticasse, dato che anche loro hanno un verbo che in pochi o tanti ascoltano e ungere le loro frequenze qualche sostegno alla causa avrebbe indubbiamente prodotto. Qui i soldini assegnati sono di cifre meno importanti, ma si capisce: non hanno un’audience veramente importante. Così qui gli estremi sono dati dagli euro 122.383,64 assegnati a Telepace, emittente ligure di proprietà della Fondazione Autonoma di Religione “Stella dell’Evangelizzazione ai 3.877,74 euro riconosciuti a TRL Tele Radio Leo, nel Lazio. Anche in questo sono rappresentate tutte le regioni della Penisola.
RADIO Commerciali:
Per poco che possano fare, certamente anche assoldare le radio a far da cassa di risonanza alla narrazione ufficiale sulla natura sanitaria dell’emergenza non può che rafforzare l’omogeneità dell’informazione: più si è a senso unico, compatti, più si incide e si diventa convincenti. Chiaro che le cifre non sono quelle delle televisioni sorelle, ma comunque la ripartizione premia chi raggiunge più ascoltatori. Così la lombarda Radio Popolare si è vista accreditare euro 199.951,92, in testa alla lista. Chiude le quattro pagine parimenti fitte Radio Zainet, della Valle d’Aosta destinataria della bontà del Ministero di euro 8.777, 86.
RADIO Comunitarie:
Perché mai non si dovrebbero incoraggiare anche quelle radio che non hanno scopo commerciale e qualche seguace, religioso o no, ce l’hanno per certo? Ecco quindi un elenco, che sembra esaustivo, di decine e decine di antenne onorate dal Fondo Emittenti Emergenza Covid-19. Qui si va dagli euro 77.339,74 assegnati a Umbria Radio Imblu agli euro 2.929,69 della cenerentola Radio Centro Fiuggi, cifra che però è la costante per numerosissime realtà radiofoniche sparse in tutte le regioni.
E proprio pochi giorni fa, lo stesso Ministero ha mostrato ancora la sua generosità rinnovando lo stanziamento di altri venti milioni alle radio e tv locali. Con quale motivazione? Cosa si vuole da loro? Non si poteva tacere questa notizia e così si trova tutto sui quotidiani del 10 settembre 2021. Da quel che ho potuto leggere e capire, in cambio queste emittenti – di nuovo sia commerciali che comunitarie (ovvero no profit) – torneranno a trasmettere degli spot sul Covid-19 nei loro spazi informativi, in particolare sulle misure di prevenzione tuttora necessarie e sugli sforzi del governo per il rilancio dell’economia. Stiamo parlando del decreto Sostegni n° 41 del 2021 dove si vede confermato che le tv e radio locali conservano un ruolo importante anche nella fase ultima della pandemia. Spetta ancora a loro dare informazioni alle famiglie e alle imprese sulla base delle esigenze e dei problemi dei diversi territori. Di qui il nuovo stanziamento.
Naturalmente c’è una Relazione tecnica del provvedimento che indica la ripartizione della somma, quasi tutta destinata alle tv commerciali. Se vogliono prendere i soldi dovranno anche accettare la volontà del padrone. Ho letto infatti che “Gli spot saranno messi a disposizione dal ministero dello Sviluppo Economico – insieme alDipartimento per l’informazionee l’editoria della Presidenza del Consiglio – e verranno trasmessi negli “spazi informativi” delle emittenti (telegiornali e programmi di approfondimento). Ogni emittente si impegnerà a proporre un numero certo di spot, nell’ambito di campagne di sensibilizzazione che dureranno almeno 24 giorni”. Informazioni istituzionali! In nome della libertà di stampa, naturalmente.
E nulla è lasciato al caso, intendiamoci. Le Emittenti dovranno impegnarsi a trasmettere messaggi di comunicazione istituzionale, con l’obiettivo di informare i cittadini e le imprese sulle misure introdotte per fronteggiare l’emergenza Covid e rilanciare l’economia del Paese. Come non riconoscere alle emittenti radiofoniche e televisive locali un contributo straordinario per i servizi informativi connessi alla diffusione del contagio da COVID-19? Ancora una volta, euro in cambio di impegno dichiarato: sarà d’obbligo specificare sia il piano il piano di messa in onda dei messaggi informativi sia la sequenza dei passaggi giornalieri con l’indicazione dell’orario. E questo fino al termine della campagna. E perché si abbiano criteri oggettivi,si trova una tabella con il numero minimo di passaggi giornalieri e la suddivisione per fasce orarie. Sì, perché il Ministero avvisa che tutto è esposto a verifica degli impegni.
Fatevi una vostra idea. Avete ancora voglia di guardare la televisione e di ascoltare la radio? Va reso onore a chi già cinquant’anni fa lo cantava: “Se avete prese per buone le verità della televisione, provate pure a credervi assolti. Siete per sempre coinvolti”.
Mi chiedevo come tuttavia può sentirsi un giornalista quando deve sputare sul suo codice deontologico. Ma forse a qualcuno non gliene importa niente, non più di quanto possa significare ancora qualcosa il giuramento di Ippocrate per quel manipolo di medici televisivi venduti alle case farmaceutiche (se così non fosse perché non si sono messi a un tavolo con scienziati medici con ampia documentazione a contraddire i loro dogmi?).
Verrà probabilmente il giorno in cui a molti dei traditori dell’Informazione verrà ricordato che “In forza dell’art. 21 della Costituzione, la professione giornalistica si svolge senza autorizzazioni o censure” e che “Il giornalista corregge senza ritardo errori e inesattezze, anche in conformità al dovere di rettifica nei casi e nei modi stabiliti dalla legge”. Ma, innanzitutto come Essere umano, coltivatore della virtù etica e civica della sincerità. Quale in qualche modo “medico” della buona salute della parola, anche il giornalista deve assolvere al dovere di “Primum non nocere”. E invece quanto danno è stato compiuto con l’ostinata e faziosa manipolazione di notizie, contraffate e usate ideologicamente in ossequio a interessi occulti!
Commissariare la RAI! Adesso. I cittadini hanno diritto all’informazione data da professionisti integerrimi cultori della libertà di stampa.
In passato mi è capitato si sentir parlare di tv spazzatura… forse non si conosceva ancora l’Informazione stercoraria. Che si nutre di escrementi affaristici, vigliacchi e criminali. Maleodoranti.