Ce n’è stato uno. Una meraviglia! Si chiamava Età dell’Oro. Viene descritta come molto bella quella stagione, divinamente umana come nessun’altra, ma si è fatto di tutto per farcela dimenticare e offuscarne il ricordo. Un mito, ci veniva detto e ripetuto da chi aveva interesse a parlare di peccati originali e di salvezze da ottenere attraverso sacrifici perpetui. Una generazione dopo l’altra ad attraversare questa valle di lacrime, passando il tempo a lavorare per arricchire i signori dell’Età del Ferro. Era una normale e universale situazione di beatitudine liquidata invece, sbrigativamente e con fastidio, per lo più come espressione di stravaganze e farneticazioni poetiche, senza alcun fondamento storico, quel tempo popolato da una stirpe aurea fu raschiato dalla memoria.
E così quella condizione è stata tanto screditata da farne nulla più di un puerile vaneggiamento. Consegnata al suo unico destino di dissolversi nell’oblio. Conveniva, naturalmente, trattarla in questo modo quella stagione odiata da quei Pochi che trassero invece enormi vantaggi dall’età del Ferro. Questa nostra, appunto, che stiamo drammaticamente vivendo nel suo imporsi feroce, ma forse anche con quell’esasperazione perversa che prelude al suo tragico epilogo. Giorni tremendi si stanno susseguendo, nella spietata sequenza della menzogna, e solo le menti attente intuiscono l’allestimento della scena finale del delirio, quel malato, malvagio e criminale proposito di sradicare l’umanità dalla sua natura. Lo chiamano Nuovo Ordine Mondiale. Il suo conio nel 1940. Voluto da chi? Perché non andava bene impegnarsi per ripristinare quello Antico? Il poeta greco Esiodo, 2700 anni or sono, lo descriveva così:
Gli dei immortali … fecero una stirpe aurea di uomini mortali, che vissero al tempo di Crono. Essi vivevano come numi, senza dolori, senza fatiche, senza pene. Non gravava su di loro la vecchiaia … si rallegravano in conviti in assenza di ogni male … avevano ogni sorta di beni: la terra fertile produceva spontaneamente frutti ricchi e copiosi. Benevoli e pacifici, abitavano nelle loro terre ricchi di greggi e amati dagli dei beati.
Meraviglia! Delle meraviglie! Per quale motivo dubitare che non dovesse essere davvero questo il giorno senza tramonto della nostra esistenza? Non è la condizione che avremmo desiderato tutti? Che permanesse nella sua eterna matrice? Invece, probabilmente non fu così, perché è lo stesso Esiodo a raccontarci che qualcosa accadde a innescare una progressiva deriva. Quella stirpe aurea venne scalzata da generazioni empie e bellicose, pervase da violenze e guerre cui sopravvissero solo coloro che si rifugiarono nelle Isole dei Beati. Degenerazione ancora incompleta: la depravazione ultima è affidata alla stirpe ferrea, artefice di un’era di dolore e di morte, senza più alcun pudore e alcuna giustizia. Da quando è in corso questo disumano obbrobrio? Da fino a dove riesce a risalire la memoria dei nostri padri e delle loro madri. Ci siamo dentro anche noi oggi.
Torniamo all’Età dell’oro. All’Antico Ordine Mondiale. Dopo Esiodo, altri illustri poeti hanno raccontato di questo grande momento della vicenda umana, ma prima di dare spazio alla loro maestosa e illuminata parola, va inevitabilmente detto qualcosa su questo terribile presente, una morsa che si sta spietatamente stringendo e dalla quale non parrebbe esserci scampo per nessuno. Segnali sempre più chiari: tanto tuonò che piovve! Ma la cecità neuronale dilaga e, mentre si moltiplicano a dismisura i ciarlatani, la genia dei non vendenti è folla planetaria e i sordi al semplice buon senso non si contano. Narcosi o rabbia, rassegnazione o avvilimento, malesseri e disagi, divertimento e rimozione: tra dissonanza cognitiva e melma emotiva, si autoalimentano le derive inconsapevoli verso il baratro. Per i fatalisti, quanto a loro, sarà quel che sarà. O, quel che Dio vorrà. Ci sono tuttavia altre silenziose possibilità: elevare il proprio livello vibrazionale nel non agire contemplativo. Certo, non si improvvisa questo stato se non si è investito tempo nella cura e nell’amore per l’armonia. Non è però mai troppo tardi per iniziare.
Il Nuovo Ordine Mondiale che ci viene preparato e imposto è il giocattolo che le divinità monetarie degli ultimi tre secoli stanno assemblando con grande cura e con ingenti investimenti su più fronti. Con interessi e psicopatie convergenti, in grado di superare odi, rivalità e dissapori tra i pupari, c’è stata una trasversalità che ha associato, in un’unica idolatria globale, Scienza e Bafometto: rami massonici vari, Fabian Society, Eletti delle 12 tribù e forse una Tredicesima, Ideologi di rango e qualche selezionato Parvenu. Diamine, si capisce, non s’improvvisa un progetto di questa portata! Si sono messe all’opera menti luciferine, intelligenze illuminate, volontà indefesse senza cedimenti. Un piano lucido, fatto di passaggi indispensabili, come si conviene a chi neppure va di corpo senza tabelle e grafici di previsione. Per prima cosa, bisognava impossessarsi del denaro, elemento cardine di ogni perverso potere: emettere e controllare la moneta, per esautorare ogni ambito della politica e tessere la ragnatela del debito perenne! Con illimitate risorse monetarie si poteva così tirare i fili dei pupi e, con lo stordimento delle folle tramite la propaganda, finanziare rivoluzioni e guerre in modo da rendere normale la precarietà, l’insicurezza e la paura, facendo accattare questi veleni come elementi naturali e inevitabili della condizione umana. Bisognava riuscire a imprimere il credo che un solo destino è possibile e pensabile per il popolo bue: lavorare indefessamente e rimanere stabilmente poveri, vivere in uno stato di perpetua ansia, rabbia e preoccupazione, e veder frustrata ogni aspirazione alla verità, alla libertà e alla felicità. E senza reagire, per giunta, perché questa è la volontà di un qualche dio fantoccio oppure per obbedienza al bastone di chi comanda.
Una volta che la cupola dei banchieri, quasi tutti provenienti dalle famiglie degli eletti, forti del secolare lignaggio talmudico, ebbe il controllo della quasi totalità delle risorse planetarie, non rimaneva che investire nella capillare corruzione di ogni istituzione che contasse. Operazione questa da pianificare con zelo perché il raccolto sarebbe stato quello atteso soltanto se nulla fosse stato affidato all’insopportabile casualità. Fu anche necessario stringere alleanze con i parvenu arricchitesi in epoca bellica e, accomunati dalla stessa biblica perversa dura cervice, si procedette a ungere e ridurre a vassallaggio le cariche politiche, mostrando sì di poter assicurare protezione, ma altresì di poter innalzare e abbattere chiunque, in qualunque momento, qualora facesse difetto l’obbedienza e il cieco asservimento agli eloim del presente. Rendere docili re, presidenti, governi, parlamenti e amministratori vari era imperativo e, come osserviamo da tempo, il risultato è stato conseguito con strabiliante efficacia.
Con queste alleanze la strada era spianata verso la conquista di ogni realtà culturale importante, perché educare la classe dirigente media e medio alta a interpretare appropriatamente il copione che sarebbe stato loro dato da recitare nel ruolo a suo tempo assegnato, era un tassello importante del mosaico. Spasmodico e scrupoloso impegno quindi nello scouting scolastico, universitario in primis, per reclutare le migliori teste da addestrare per i più svariati impieghi, tenute deste con ottimi compensi e qualche inevitabile ricatto. Certi dell’ottenuto servilismo della magistratura, quella delle Corti e dei Consigli che contano, quella che impartisce gli ordini alle procure locali, con la conquista del monopolio dell’informazione il cerchio delle premesse poteva dirsi completato. L’infiltrazione massonica, attuata minuziosamente, presidia ormai ogni organizzazione accreditata di una qualche influenza e il Sistema così costituitosi appare una roccaforte inattaccabile. E ora siamo alla fase finale. Con i test pandemici iniziati nel 2020 si è dato il via all’ultima operazione: depopolare! Ecco l’orgasmo cui si preparano i demiurghi psicopatici inalatori fatui dei fumi del bafometto. Che lo si veda o meno, siamo all’ultimo atto e il sipario potrebbe abbassarsi in qualunque momento.
Capire o non capire quel che accade appartiene al vissuto di milioni di persone e i comportamenti che ne discendono hanno, ovviamente, conseguenze diverse. La gamma è varia, per quanto appaiano fondamentalmente tre i profili più evidenti. Il gruppo di gran lunga più numeroso sembra essere quello di quanti neppure sanno cosa si intenda con Nuovo Ordine Mondiale e cosa li attende a breve. È per lo più composto dallo sterminato populus televisivus, in adorazione giornaliera e notturna davanti al tabernacolo del Grande Fratello. Sono quei Tanti che credono alla verità dei telegiornali, dei talk show e che inala le quotidiane dosi di cinematografia hollywoodiana. Il destino di questa folla inconsapevole di sé sembra purtroppo il baratro inevitabile del suo dissolvimento. A quello neurale potrebbe unirsi anche quello brutalmente fisico.
Vi è poi un gruppo, forse non folto, ma con numeri importanti, che combatte il Sistema. Una galassia questa per niente omogenea, con qualche soffocato estremismo e tentativi encomiabili di smascherare le menzogne. Ci sono qui tante belle persone che provano a reagire al quotidiano spargimento di fetore massmediatico attingendo a canali informativi diversi. Ci sono state e continuano numerose e varie iniziative di mobilitazione a trazione anti-Sistema, provando ad aggregare quanti non sono entrati (o sono usciti) dall’ovile, schifati dall’immunità di gregge e desiderosi di parole di verità. Intenzioni spesso lodevoli sono state purtroppo spesso interpretate maldestramente da leader presuntuosi e dall’ego ancora molto voluminoso e ingombrante. Dispiace non sia stato possibile aggregare sinergie sincere attorno a valori condivisi solo a causa del narcisismo di capetti alla ricerca di visibilità e di interessi propri. Nulla toglie al merito che va riconosciuto a questo gruppo per aver generato progetti alternativi in quasi ogni settore, per quanto ancora molto denarocentrici, con poca trasparenza e senza il supporto di una solida e limpida visione sapienziale.
E poi, ci sono coloro che silenziosamente meditano, ascoltano, contemplano e cercano continuamente di tenere alto quanto possono il proprio livello vibrazionale, coltivando la pace interiore spesso scossa, una faticosa gioia del cuore, un impegnativo slancio di amore universale. Difficile immaginare quanti siano questi esseri, sofferentemente quasi nascosti, che non fanno mostra di sé, che conoscono il potere del silenzio quale via suprema di accesso all’armonia interiore. Sono presi in poca considerazione perché non sono operativi nel senso comune, non rientrano in schemi precostituiti e perché mantengono una libertà di spirito e un’autonomia di giudizio che disturba. Il fatto è che sono proprio costoro i soli ad aver capito che i poeti dell’antichità avevano visto giusto. Per nulla amanti dei palcoscenici, il Sistema non sente il bisogno di schedarli. Nullità esoteriche, non li ritiene pericolosi per l’attuazione del Nuovo Ordine Mondiale? Probabile, ma dovrebbe.
Quasi tre secoli dopo Esiodo, anche Platone intuisce che il suo presente, minato da ingiustizia e corruzione, deve essere una degenerazione di uno stato originario ben diverso. Filosofo di livello assoluto, non gli si può attribuire un’ingenuità che si vuole attribuire ai poeti. Nel suo dialogo della tarda maturità, il Politico, Platone descrive così l’Età aurea:
Esseri soprannaturali, di natura divina, s’erano divisi a guisa di pastori le creature viventi, distribuite in gruppi secondo la specie. Non c’erano animali selvatici, le creature non si divoravano l’una con l’altra, la guerra non c’era … non c’erano ordinamenti politici; nessuno possedeva donne e figli … godevano in abbondanza di frutta, dono di grandi alberi e vegetazione lussureggiante … non praticavano agricoltura; da sola, spontaneamente, la terra produceva ogni frutto; non conoscevano vesti, non uso di giacigli; sotto la guida del pastore vivevano all’aria aperta in una temperata armonia di stagioni.
Un tempo di grazia, dunque. Gli esseri umani vivono concordi, senza bisogno di lavorare, in piena armonia con gli dei e con l’ambiente naturale. Uno stato di benessere che esclude ogni apprensione materiale non può che essere condizione per ciò che conta veramente: Gli alunni di Crono avevano possibilità, liberi da ogni occupazione, d’intrattenersi … per dedicarsi all’amore di sapienza.
Anche il poeta greco Arato di Soli, vissuto nel III secolo a.C. è sensibile al ricordo di quegli esseri aurei dal senso morale elevatissimo, malgrado la grande abbondanza di frutti di cui potevano disporre, scelsero consapevolmente la frugalità: un tenore modesto diceva la loro preferenza per una condizione in cui poter realizzare una filosofia di vita essenziale.
E, contemporaneo di Arato, il poeta siracusano Teocrito, nei suoi versi bucolici, ricorda il tratto romantico di quel tempo in cui L’un l’altro si amarono in egual misura; e veramente allora vi erano di nuovo gli uomini dell’età dell’oro, quando l’amato riamava a sua volta.
Anche quando, con il poeta Ennio (III-II sec. a.C.) la narrazione di quell’età meravigliosa viene descritta in latino, si romanizza e Crono verrà chiamato Saturno, resta la certezza che qualcosa di diverso dalla malvagia attualità deve esserci stato ai primordi dell’umanità. Non idealizza quel tempo lontano il poeta Lucrezio: indaga con crudezza la natura delle cose e non cede a nessun afflato romantico per gli avi, ma riconosce che, come gli uomini aurei, essi erano esenti dalla brama insaziabile che avvelenava quel suo presente, il I secolo a.C.. Li ammira, il poeta, perché paghi dei poveri doni della natura, con la quale intrattenevano un rapporto sobrio e armonico, vivevano senza agricoltura in uno stato di innocenza originaria anteriore ai mali della società civilizzata, in una sorta di smemorata felicità, su uno sfondo naturale di selvaggia grandiosità e di severa bellezza, che favoriva perfino la dimensione contemplativa. Così scrive Lucrezio:
Né v’era alcun guidatore del curvo aratro … Quello che il sole, quello che davan le piogge e che la terra creava da sé, spontaneo, quel dono bastava a renderli paghi. Rifocillavano il corpo sotto le querce datrici di ghiande; quei corbezzoli che ora tu vedi tingersi di rosso e maturar nell’inverno li produceva la terra più numerosi e più grossi. E porse il florido giovane mondo oltre a ciò molti rozzi cibi, in quel tempo, bastevoli agli indigenti mortali. Ma li invitavano a togliersi la sete i fiumi e le fonti come oggi a sé, da lontano, l’acqua che scende dall’alte montagne chiama col chiaro scroscio le belve assetate. E ricordavano infine, nel loro errare, le grotte silvestri, asilo delle Ninfe, dove sapevan che il largo getto fuggevoli rivoli bagnavan gli umidi sassi, stillando sul verde muschio, e all’aperto ne scaturiva nel piano e ne sgorgava una parte.
Sotto la penna di Virgilio, l’orizzonte si amplia, con l’intreccio di passato e futuro. Un bimbo che nasce è salutato come il segno del ritorno all’Età dell’oro:
Già venne l’ultima età dell’oracolo cumano; la grande serie dei secoli rinasce dall’inizio; già torna la vergine [Astrea, dea della giustizia], torna il regno di Saturno; già la nuova progenie discende dal cielo … O casta Lucina [Diana], sii favorevole al bambino nascente, con il quale cesserà la prima generazione ferrea e sorgerà una generazione aurea in tutto il mondo … Proprio sotto il tuo consolato, o Pollione, inizierà questa età splendida … Per te o fanciullo la terra senza che nessuno la coltivi, effonderà i primi piccoli doni, l’edera errante qua e là con l’elìcriso e la colocàsia con il gaio acanto. Le capre da sole riporteranno gli uberi colmi di latte, e gli armenti non temeranno i grandi leoni. La stessa culla spargerà per te soavi fiori. Svanirà anche il serpente, svanirà l’erba insidiosa di veleno, e dovunque nascerà l’amomo di Assiria.
A Roma, nel I secolo a.C., la latinizzazione del ricordo è ormai completamente compiuta e Virgilio identifica il regno di Saturno con l’Età dell’oro. E così scrive:
Egli [Saturno] quel popolo barbaro per gli alti monti disperso, riunì, diede leggi e chiamar volle Lazio la terra ove latebre aveva trovato, sicure. L’età dell’oro, che dicono, fu sotto quel re: così in placida pace egli reggeva il suo popolo, finché via via peggiore e più pallido scorse il tempo, e nacque rabbia di guerra e brama d’avere. E a chi riconoscere il merito di aver rinnovato il regno di Saturno? Virgilio non ha dubbi: all’Imperatore: Cesare Augusto … rifarà l’aureo secolo nel Lazio per le terre un tempo governate da Saturno.
Non va nascosto che l’interpretazione dell’Età dell’oro in termini politici, con l’accentuazione dei tratti del salvatore e del padre della patria, si presterà a farne strumento della propaganda imperiale, tratto che perdurerà nel tempo. Così come si bollerà di utopia politica ogni ipotesi di rifarsi ad un modello di umana esistenza già descritto per sostituire la condizione miserevole generata dal realismo schiavistico perseguito dai Pochi di ogni Età del Ferro.
Cosa accadde quando si passò dal regno aureo di Saturno a quello ferreo di Giove? Comparve il lavoro (labor improbus). Si pensò bene che qualcuno doveva farlo. Virgilio offre questa sua descrizione:
Prima di Giove non v’erano agricoltori a lavorare la terra, e neanche si poteva sognare i confini dei campi e spartirli; tutti gli acquisti erano in comune, la terra da sé donava, senza richiesta, con grande liberalità, tutti i prodotti. Egli aggiunse il pericoloso veleno ai tetri serpenti, e volle che i lupi predassero, che il mare si agitasse, e scosse il miele delle foglie e nascose il fuoco e fermò il vino che fluiva sparso in ruscelli, affinché il bisogno sperimentando a poco a poco esprimesse le varie arti e cercasse le piante del frumento nei solchi e facesse scoccare il fuoco nascosto nelle vene della selce … Allora nacquero le diverse arti. Tutto vince il faticoso lavoro e il bisogno che incalza nelle avversità.
Orazio, altro grande poeta romano, che scrive negli stessi anni di Virgilio, non è dello stesso ottimismo, perché la nuova Età dell’oro dovrà salvare dall’imbarbarimento della romanità. Il poeta evoca situazioni critiche di un età in cui Roma è alla soglia della caduta e non vede altra via che lasciare l’Urbe. Vale la pena seguire il filo della sua appassionata supplica a partire. Destinazione le Isole dei Beati: luoghi splendidi per abbondanza e bellezza, fonte di continuo stupore, alle quali nessuno del passato noto giunse mai. Orazio evoca qui quanto già Esiodo aveva narrato: lontano dagli uomini, ai confini della Terra, presso il profondo Oceano, nelle Isole dei Beati abitano senza affanni quei felici eroi cui Giove concesse tale esistenza.
Nelle guerre civili si consuma già d’uomini e di cose un’altra età: per le sue stesse forze Roma cade, Roma, che non riuscirono a distruggere i Marsi né le schiere di Porsenna minaccioso né l’emulo valore di Capua o la feroce ira di Spartaco né l’Allobrogo inquieto ed infedele, né domò la Germania con la sua giovane stirpe dei cerulei occhi o Annibale dagli avi abominato, distruggeremo noi, generazione maledetta nel sangue; e questo suolo sarà di nuovo invaso dalle fiere. Vittorioso il barbaro verrà calpestando le ceneri e con l’unghia del suo cavallo batterà la terra dov’era l’Urbe, e le ossa di Quirino, dal vento ora e dal sole riparate, disperderà insolente – orrenda vista! – Forse cercate tutti insieme cosa possa giovarvi o solo la migliore parte di voi si studia per uscire dai travagli. Il consiglio è questo, l’unico: come i Focei fuggirono i loro campi maledicenti e i patrii Lari e i templi vuoti lasciarono ai cinghiali e ai lupi rapaci, andare dove i piedi portano o dovunque per mare il Noto o l’Africo aspro ci chiamerà. Così vi piace? Tra voi nessuno avanza una proposta migliore? Che aspettiamo per salpare subito con auspicio favorevole? Ma giurate con me: «Ritorneremo soltanto quando i sassi, divenuti leggeri, saliranno dai marini abissi a galleggiare; volgeremo le vele verso casa quando il Po le vette del Matino avrà bagnato o sia corso a sommergersi nel mare l’alto Appennino o uno stupendo amore per libidine strana avrà prodotto mostruosi connubi, sì che piaccia alle tigri giacere sotto i cervi e sia dei corvi amante la colomba e gli armenti non temano i leoni fulvi e simile al pesce il capro lucido viva nel salso mare». Andiamo tutti o la parte migliore dell’indocile gregge, stretti da queste imprecazioni e da ogni altra che valga ad impedire il dolce desiderio del ritorno; solo i codardi o i disperati restino a premere i giacigli nelle tane. Ma voi che avete un animo virile, lasciate i pianti sterili e salpate di là dai lidi Etruschi. A noi rimane l’Oceano che la terra avvolge; campi felici cercheremo e fortunate isole, dove il suolo dona biade non arato e la vite non potata fiorisce sempre e il ramo dell’olivo germoglia senza inganno e il proprio albero adorna bruno il fico, e dove il miele stilla dal cavo tronco della quercia e sonora dai monti scende l’acqua; là vengono spontanee a farsi mungere le capre e amico il gregge torna a casa con le mammelle gonfie, né di notte gira intorno all’ovile l’orso urlando né s’ergono le vipere da terra. E d’altre cose belle stupiremo: come coi suoi piovaschi Euro non spazzi i campi né le turgide sementi si abbrucino all’arsura delle zolle, poiché in misura giusta il freddo e il caldo tempera il cielo. I rematori d’Argo non vi giunsero mai né mise piede la femmina impudica della Colchide; là i naviganti di Sidone mai non volsero le antenne né i compagni di Ulisse affaticati; non danneggia le mandrie alcun contagio né il calore di alcun astro violento brucia il gregge. Serbò Giove quei lidi a genti pie quando offuscò col bronzo l’età aurea: col bronzo, ché più tardi le indurì col ferro. Ai pii da questa età fuggire felicemente è dato, me profeta.
E, sempre sul finire di quel I secolo a.C., è ancora un illustre poeta romano a richiamare quel tempo estremamente diverso da quello che scorreva sotto i suoi occhi. Così scrive Ovidio: Per prima fiorì l’età dell’oro, che senza giustizieri o leggi, spontaneamente onorava lealtà e rettitudine. Non v’era timore di pene, né incise nel bronzo si leggevano minacce, o in ginocchio la gente temeva i verdetti di un giudice, sicura e libera com’era. Che momento di esistenza meravigliosa quell’Età dell’oro! Nessun dubbio su come si vivesse: non interessava la navigazione, assenza totale di guerre, inesistenza del lavoro. La sua descrizione:
Reciso dai suoi monti, nell’onda limpida il pino ancora non s’era immerso per scoprire terre straniere e i mortali non conoscevano lidi se non i propri. Ancora non cingevano le città fossati scoscesi, non v’erano trombe dritte, corni curvi di bronzo, né elmi o spade: senza bisogno di eserciti, la gente viveva tranquilla in braccio all’ozio. Libera, non toccata dal rastrello, non solcata dall’aratro, la terra produceva ogni cosa da sé e gli uomini, appagati dei cibi nati spontaneamente, raccoglievano corbezzoli, fragole di monte, corniole, more nascoste tra le spine dei rovi e ghiande cadute dall’albero arioso di Giove. Una narrazione che non manca di altri incantevoli dettagli: Era primavera eterna: con soffi tiepidi gli Zefiri accarezzavano tranquilli i fiori nati senza seme, e subito la terra non arata produceva frutti, i campi inesausti biondeggiavano di spighe mature; e fiumi di latte, fiumi di nettare scorrevano, mentre dai lecci verdi stillava il miele dorato.
Come raccontato dagli altri poeti, con il passaggio da Saturno a Giove inizia il processo degenerativo, che attraversa le fasi canoniche dell’argento, del bronzo e del ferro. Così, l’avvento del caldo e del freddo impone l’uso di abitazioni, cominciano le fatiche agricole: Allora sorsero le prime case … Per la prima volta i semi sacri a Cerere furono coperti nei solchi diritti, e i bovi gemettero sotto il peso del giogo. Dopo il periodo dell’argento e del bronzo, l’età del ferro rappresenta il punto più basso della decadenza, della quale la navigazione e la proprietà privata sono i segni più evidenti: Il nocchiero scioglieva le vele ai venti … l’attento misuratore segnò con lunghi confini la terra, che prima era comune come l’aria e la luce del sole. Cos’era accaduto secondo Ovidio? Si era insediato un morbo pestifero che egli chiama amor sceleratus habendi. È la smodata avidità: portò ad estrarre dalla terra il ferro, per costruire armi, e l’oro, causa dei peggiori delitti.
Quando Seneca riprende il tema siamo entrati da poco in epoca cristiana. Una pennellata di beatitudine a descrivere la felicità del secolo aureo, dovuta alla condivisione, all’assenza di avarizia e al rapporto armonico con la natura. Scrive: Gli uomini godevano in comune i prodotti della natura … e perfettamente tranquillo era il possesso delle comuni ricchezze … Gioivano guardando le costellazioni … quale intimo godimento doveva essere quel libero vagare fra tante meraviglie sparse nell’ampio universo!
Non si scordi che oltre ai giganti della poesia menzionati, in ambito filosofico la visione evocativa di un’ancestrale Età dell’oro si connetteva alle scuole pitagorica, platonica, e stoica. E se ne trova trasversalmente traccia in varie culture, anche geograficamente lontane tra loro, come nel caso dell’induismo. Nella nostra tradizione culturale siamo rimasti però sotto l’ipnosi del Paradiso terreste e Dante sembra tuttavia individuare una connessione con la visione dei poeti antichi quando scrive: Quelli ch’anticamente poetaro / l’età dell’oro e suo stato felice, / forse in Parnaso esto loco sognaro. Con la scoperta poi di molti testi classici durante l’Umanesimo e il Rinascimento, non mancheranno mai riprese di questo affasciante tema e sarà proprio un altro poeta, Poliziano, a rievocare quello stato di grazia primordiale:
In cotal guisa già l’antiche genti/ si crede esser godute al secol d’oro;/ né fatte ancor le madri eran dolenti/ de’ morti figli al marzial lavoro;/ né si credeva ancor la vita ai venti;/ né del giogo doleasi ancora il toro:/ loro case eran fronzute querce e grande,/ ch’aven nel tronco mèl, ne’ rami ghiande./ Non era ancor la scelerata sete/ del crudel oro entrata nel bel mondo:/ viveansi in libertà le genti liete;/ e non solcato il campo era fecondo./ Fortuna invidiosa a lor quiete/ ruppe ogni legge e pietà mise in fondo:/ lussuria entrò ne’ petti e quel furore/ che la meschina gente chiama amore.
Mai si riuscì a cancellare del tutto nella memoria delle generazioni la nostalgia di un tempo aureo molto diverso dal presente e la speranza di un suo ritorno. Rimase un indubbio elemento di grande potenza per stigmatizzare, consciamente o meno, l’innaturalità della condizione umana consolidata nei secoli della tirannia dei Pochi. Certo, oltre alla lirica aristocratica dei poeti si incontrano anche tratti molto popolari dell’età aurea in commedie antiche o in descrizioni medievali che vagheggiano in modo goliardico un Paese di Cuccagna o di Bengodi dove Ogni torrente spumeggiava di vino, e il pane e i panini facevano a gara davanti alle bocche degli uomini, supplicando di volerli mangiare … I pesci entravano nelle case e da sé si arrostivano, sdraiandosi a tavola. Un fiume di grasso brodo scorreva, e faceva rotolare pezzi di manzo bolliti.
E, con la pazienza di cercare, si trovano echi ebraici circa una terra dove scorre latte e miele o lo scenario meraviglioso del tempo messianico raccontato dal profeta quando il lupo dimorerà insieme con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncino pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi. Qualcosa emerge anche nella letteratura apocrifa cristiana, in cui si respirano i tratti dell’Età dell’oro di Ovidio: comuni per tutti è la terra che, non più da muri divisa e da siepi, ancor di più è fertile. Sorgenti di dolce vino ripiene, di candido latte e di miele essa largisce. E che dire della tradizione islamica, la quale descrive una la situazione paradisiaca dei giusti che vivranno senza lavoro in un clima perfetto, adagiati su alti giacigli, non vedranno sole e non vedranno gelo? Di più, mangeranno cibi prelibati e qualcuno passerà attorno con vasi d’argento … saranno abbeverati da una coppa il cui licore è miscela di zenzero, indosseranno vesti verdi di seta e fine broccato, godranno della compagnia di fanciulle dallo sguardo modesto, mai prima toccate da altri uomini.
Il risultato ottenuto dal prendersi il tempo di passare in rassegna le tradizioni più antiche sembrerebbe dar ragione a chi giunse alla conclusione che “questo sogno utopico è presumibilmente antico quanto il genere umano”. Non pare dunque esser difficile riconoscere l’universalità di questo tema, dichiarato tuttavia comunemente un mito, quando non apertamente considerato una fiaba, una favola, una leggenda. Perché? Per il fatto che il cristianesimo ha preteso di farci conoscere la verità vera sulle origini e sulla condizione dell’umanità. Come dunque dare una qualche credibilità a racconti poetici di pagani che nulla potevano conoscere della rivelazione di Dio documentata dai testi sacri della Bibbia? La Parola di Dio ha tutto chiarito e il cristiano Lattanzio, passati ormai tre secoli dalla venuta di Cristo può identificare la pagana Età dell’oro con la permanenza dei progenitori nell’Eden, terminata a causa del peccato originale dal quale è partito il processo di degenerazione che ha condotto al politeismo. Lattanzio non ha dubbi: Durante il regno di Saturno, non essendoci il culto degli dei, Dio era venerato assolutamente. Non c’erano contese, né inimicizie, né guerre. Tolta la religione di Dio, persero la scienza del bene e del male. È tuttavia solo grazie al cristianesimo se l’uomo ha ritrovato la purezza originaria. Perciò si può celebrare l’era messianica come principio di un futuro beato: Ma Dio … mandò un inviato a ricondurre quel vecchio secolo … Tornò quindi l’aspetto di quella famosa età dell’oro: essa non è altro che il culto pio e rispettoso dell’unico Dio … Allora la terra aprirà la sua fecondità, e darà spontaneamente ricchissimi raccolti: le rocce dei monti trasuderanno miele e i ruscelli saranno di vino, i fiumi traboccheranno di latte. Finalmente il mondo godrà liberato … dall’errore. Con Costantino il cristianesimo diventa religione di stato e sembrano avverarsi le parole di Virgilio, rimaste fino ad allora oscure: Saturno è Cristo e Astraea, la vergine delle stelle, simbolo della giustizia che abitò la terra nell’età dell’oro e la lasciò per ultima nell’età del ferro, cedendo all’iniquità ormai dominante, è la Madonna. Con la venuta di Cristo tutto è compiuto.
Ci è stato detto che noi facciamo parte di questo tempo redento. Con il battesimo siamo diventati figli di Dio, nuove creature, destinate al Cielo, quando sarà il momento, nel sommo godimento della visione beatifica di Dio, sempre che non ci sia da passare per il Purgatorio. Cos’altro volere di più? Ci è stato impartito, direttamente o meno, un ottimo catechismo ed è difficile scordare gli insegnamenti dell’infanzia. Come dicevamo, che bisogno c’era, da duemila anni a questa parte, di ricordare fuorvianti fantasie pagane quando si disponeva dei sacri testi che ci hanno sollevato dall’ignoranza sulla nostra origine, sulla nostra natura decaduta, sulla salvezza alla quale siamo destinati, se ci comporteremo bene? Tutto così perfetto e chiaro. Ma com’è che invece non stiamo affatto bene, immersi in un disagio cubico che ci devasta l’esistenza? In un incalzare di malessere quotidiano diffuso e ansiogeno che appesantisce mente e cuore? Ci stanno già da tempo investendo i venti del Nuovo Ordine Mondiale ma soltanto un’esigua minoranza li riconosce. E sono una rarità coloro che hanno cercato un senso a questo delirio psicopatico, il quale ha preso consistenza quando i Pochissimi eletti hanno messo mano assoluta sui rubinetti del denaro, ma che si può ipotizzare abbia un’origine più lontana. E anche accuratamente fondata. Probabilmente bisogna rimontare fino al capitolo terzo del Libro della Genesi, quello che apre sia la Bibbia ebraica che quella cristiana.
Lo si legge con un sano distacco da ogni insana ingenuità e si è quasi storditi da un testo che può avere ispirazione solo in un redattore divorato dal risentimento. Strutturato su un antropomorfismo imbarazzante, entriamo in una narrazione che un’intelligenza serena non riesce ad attribuirle nulla di sacro, anche volendo essere indulgente. Che strazio: un coup de theatre! Con manipolazione ben congetturata, per assegnare un destino millenario ai Tanti che avrebbero bevuto questa storiella. Un serpente che parla! Come nei nostri attuali cartoni animati. Subdolo e tentatore, insinua una cattiva intenzione nel Creatore. E lui come lo sa? Perché c’è un rettile che dice cose senza che né il Dio creatore né l’uomo e la donna creati né abbiano alcuna necessità? Eppure, in fondo è lui il protagonista di questo dissennato e assurdo racconto. Ma per quale motivo dare il palcoscenico ad un’entità malvagia in un Eden delle meraviglie fresco di creazione? Fatto da un Eloim, apparentemente buono, che qui tuttavia mostra la sua disarmante banalità: passeggia, chiama, interloquisce come un qualunque giardiniere che sente rumori tra i cespugli, svolge un’incalzante indagine da provato inquisitore e poi si altera! E ci dicevano che Zeus, dio pagano, era collerico!
E poi via alle maledizioni! Ne ha per tutti, questo Eloim arrabbiato. Basta leggere le sentenze di questo giudice implacabile per capire senza troppa esitazione l’isterismo di una divinità montata letterariamente con lo scopo di impartire una spaventevole lezione: intimidire, terrorizzare e punire una parte di umanità, condannandola a soffrire e lavorare per sempre in una natura anch’essa abbruttita dalla maledizione! Un ergastolo, senza sconto di pena per buona condotta, ai lavori forzati, quale imperitura espiazione di un reato imperdonabile. Siamo davanti al sublime livello di divinità di un simulacro che sbava dall’invidia perché l’uomo e la donna sono diventati divini conoscendo il bene e il male. Di più, emette l’interdetto con la proibizione di accedere all’albero della vita! E pone i suoi pretoriani, la gendarmeria scelta, con armi letali a sorvegliare la zona. Un Eloim geloso che teme che l’uomo viva per sempre. Beh, un testo di una sacralità assolutamente affasciante! Ci si commuove quasi! Siamo al cospetto di una caricatura divina offensiva del semplice buon senso.
Ci sono domande che è difficile non porsi: cos’ha di sacro questa storia? Perché il racconto di un’Età dell’oro è una leggenda e questa storiella del peccato originale e delle sue nefaste ed eterne conseguenze non lo è? Chi stabilisce cosa è sacro e cosa no? Cosa è utopia e cosa realtà? Non è legittimo pensare che coloro che scrivono la storia dicano cosa è bene che Dio dica? Non era interesse dei Pochi capaci di scrivere e di leggere ad alta voce quel che si trovava scritto fissare le regole della verità rivelata e blindare tutto in un canone definitivo? Poteva la bella parola dei poeti pagani competere con un racconto astutamente maldestro ma accreditato dalla rivelazione di Dio stesso tramite la sua parola a Mosè e a tutti gli altri che l’hanno udita e scritta?
Comincia in quella narrazione terribile il Nuovo Ordine Mondiale? Forse. In ogni caso la logica antiumana di quella pagina avrebbe dovuto essere stroncata da Gesù Cristo, stando quanto meno alla radicalità del suo messaggio, così urtante per l’egemonia sacerdotale e farisaica in auge a qual tempo. Tanta spregiudicatezza gli costò la fine che sappiamo, anche se i cristiani ribaltarono i deicidio e, grazie al genio di Paolo di Tarso, diedero origine ad un fenomeno religioso di tale portata culturale e sociale da condizionare intere generazioni per due millenni. Accettare la bibbia ebraica tra i testi cristiani fu tuttavia fatale. Di quel serpente e di quella storiella non ci si sarebbe più liberati. L’operazione fu poi completata quando all’utopia del Regno di Dio predicato dal Profeta di Nazareth si preferì più realisticamente una Chiesa molto terrena, regno dei Pochi che dicevano di essere i depositari della verità rivelata. Ecco secoli e secoli di dominio di papi, imperatori e re cristiani a salvaguardare i propri privilegi, prolungando il destino di sofferenza e di schiavitù di infinite generazioni a causa di un’improbabile disobbedienza dei progenitori, punita da una squallida controfigura di Eloim, raccontata in testi celebrati e venerati però, inappellabilmente, come Parola di Dio.
E siamo all’attualità. Anche se i presupposti ideologici sono lontani, troviamo in tempi più recenti gli accoliti dell’Eloim genesiaco interpreti del medesimo odio per la vita. Forse anche per la propria, ma certamente per quella dei Tanti, ritenuti sempre più abusivi e inutili, materiale organico di cui liberarsi. Già a inizio secolo scorso si comincia a parlare di eugenetica, come soluzione per pulire il mondo da chi lo occupa senza un’apprezzabile ragione e ci sono state illustri personalità della Fabian Society che esigevano che i Tanti dovessero giustificare la loro esistenza. Da oltre un secolo, con paziente lentezza si infiltra nelle istituzioni l’ideologia del socialismo liberale quale soluzione al decadimento della civiltà. Ed è da questa intellighenzia di celebrità impegnate con tanto zelo a purificare il mondo che nel 1940 esce l’espressione Nuovo Ordine Mondiale. E oggi l’allestimento del lager è quasi del tutto completato. Avendo il pressoché totale monopolio della scienza e della tecnica, si attende solo la piena operatività dei sistemi del controllo globale per avviare il corto circuito del caos, anticamera della fossa comune in cui convogliare quegli escrementi di umanità inutile, occupatrice di suolo in origine pubblico ma diventano ormai privatissima proprietà dei nuovi eloim. Essi sono i creatori di un inferno globale sotto il comando di un ristretto Sinedrio di eletti, plenipotenziario di vita e di morte sugli schiavi di ultima generazione, quelli rincoglioniti dal grande fratello al plasma.
Quel che appare quanto meno curioso è che, mentre si piscia sull’utopia dell’Età dell’oro, passata e futura, si accetta a novanta gradi l’Eldorado raccontato e descritto con cura nell’Agenda 2030. Quanti, come me, si sono impegnati nella lettura dei 17 Goals e i 169 Target che li sostanziano, non possono essersi bevuti la depravata manovra celata dietro il grande truffa della sostenibilità. Perché sparare la realizzazione del Paradiso in Terra in quindici anni quando ne sono trascorsi già nove operando esattamente nella direzione contraria? Perché la spietata realpolitik somministra un’utopia di queste proporzioni se non con l’ingannevole intento di colpire trovandosi a spazzar via quanti più inebetiti possibile? L’Età del ferro sta per mostrare tutta la sua brutalità: al materiale base con cui si forgiavano le armi che squarciavano i petti e si mozzavano le teste si sono aggiunti nuovi componenti, naturali e chimici. Dalle terre rare sono giunti in supporto contributi poderosi per la tessitura dell’enorme gabbia gestita dalla sedicente Intelligenza Artificiale. Nessuna esitazione: si vuole che il Nuovo Ordine Mondiale sia la soluzione veramente finale!
Cosa accadrà? Non c’è sfera di cristallo che tenga, per quanto gli indizi siano abbondanti ad annunciare che le ganasce stanno affrettando la presa. Il continuo restringimento delle liberà camuffato con ogni sorta di menzognero pretesto parrebbe evidente. Non ad ogni occhio, purtroppo. Una perseverante azione di quotidiano soffocamento tende ad intorbidire menti e cuori nelle preoccupazioni e nelle paure. I giganti contro cui combatteva don Chisciotte sono più che mai all’opera. L’esito perseguito è l’insistita azione di esproprio del controllo sulla propria vita, fonte di disagio crescente e di stati d’animo cui far fronte solo farmacologicamente. Oggi, come quando ho scritto l’articolo Prepararsi all’impatto sono certo che l’impatto ci sarà. Nulla di conosciuto, di misurabile. Forse un lampo, un battito di ciglia fatto di frequenze e vibrazioni. L’energia è strettamente connessa con la luce e la sua velocità e non è scontato che la sia sappia dominare senza imprevisti. Potremmo anche assistere all’implosione dell’Età del ferro, portata al suo dissolvimento dalla disumana follia dei Pochi capeggiati dagli Eletti. Tanto si è investito per vedere finalmente quel tempo messianico di riscatto per la Legge di Mosè, a lungo agognato dopo secoli di rabbioso risentimento, che nessun prezzo è troppo alto per il trionfo della Gerusalemme celeste con la stella di Davide, qui e adesso.
Cosa possiamo fare? È la domanda più scontata tra coloro che hanno avvertito i segnali del progettato Nuovo Ordine Mondiale e vedono che il cerchio si sta spietatamente chiudendo. Domanda utile solo se si considera quel fare in modo totalmente diverso da un’efficienza operativa con la quale non è possibile competere. Inimmaginabile uno scontro frontale in campo aperto e neppure la guerriglia avrebbe alcuna possibilità di impensierire la più potente macchina bellica mai messa in atto per annientare i Tanti. Entità sovranazionali note o occulte, hanno il controllo totale o quasi dei gangli vitali che condizionano o determinano l’esistenza di miliardi di esseri umani, molti dei quali già debilitati e sfiniti dalla meticolosa opera di destabilizzazione psicologica perpetrata per più vie. Fare cosa? Qualcuno vuol provare a sfidare BlaKRock? Chi ha capacità per contrastare le direttive che il Word Economic Forum impartisce ai governi? È evidenza che un manipolo di Banchieri presiede quelle Banche Centrali le quali gestiscono a piacimento l’emissione e il controllo del denaro: c’è qualcuno in grado di disintegrare il concetto stesso di debito, strumento di realizzazione della perenne schiavitù dei Tanti?
Nessuna ingenuità dunque quanto al fare. Padroni dei media, gli accoliti del bafometto, distribuiscono le menzogne che convengono, così che si ignorino i fenomeni in atto pronti a produrre i frutti preparati da una paziente semina. Proprietari della aziende di trasformazione alimentare, nonché delle multinazionali del farmaco, i Pochi che decidono dei Tanti hanno costruito l’immenso business della malattia: si arricchiscono dispensando veleni, sentendosi onnipotenti artefici di ogni filantropico capriccio. Ogni cosa è stata accuratamente pianificata affinché si compia la loro nuova creazione! Sono entrati dentro i corpi con sieri genici, verosimilmente contaminati con DNA plasmidico, che hanno piazzato microplastiche nel sangue e, con l’intensificazione dell’elettrosmog a trazione 5G e oltre, si va perfezionando la manipolazione da remoto. Docce di metalli pesanti dal cielo accelerano i tempi di contaminazione per agevolare la capitolazione delle ultime resistenze. Avendo asservito ampi settori della scienza alla propria volontà, questi Individui, affetti da gravi e insistiti disturbi della personalità, dispongono della più avanzata tecnologia: si sono dotati di strumenti per generare inondazioni e macchine capaci di produrre onde telluriche a comando. E, colmata l’impazienza, stanno ottenendo il ritorno ai loro investimenti miliardari nella sedicente Intelligenza Artificiale dalle potenzialità devastanti. Sì, perché sono in grado di far credere vero qualunque ammaliante ologramma. E – come si sa da tempo – un fatto non vero, ma creduto vero, ha effetti veri!
Da anni si fanno test per verificare quanta stupidità la gente sia in grado di assorbire senza reagire e i report sembrano incoraggiare il momento in cui abbassare l’interruttore dei forni crematori. Già lessate a fuoco lento, le rane ormai non danno più segno di reazione: i becchini avranno gioco facile a incenerire quel che resta di larve umane prosciugate da ogni sano ormone. Sono state somministrate giornalmente così tante pozioni, e dal dosaggio sempre più massiccio, di informazioni spacciate per verità per misurare il livello di credulità ottenuta alla narrazione sparsa dal Big Brother, che ogni energia reattiva sembra scomparsa. Mentre la propaganda lavora a distrarre dalle operazioni sottotraccia, da un lato per far accrescere preoccupazioni e paure con gli spauracchi delle pandemie e delle guerre e dall’altro per rassicurare subdolamente che ogni disposizione restrittiva serve alla soluzione dei gravi problemi ambientali, si sta completando il mosaico del nuovo corso della storia dell’umanità. Il silente delirio estende la sua devastazione: si completano i progetti per incrementare la povertà di miliardi di persone, avvilite e soffocate dalla carenza di risorse, si toglie ogni significativa capacità decisionale ai governi locali a vantaggio dell’assoluto arbitrio degli organismi internazionali, ostaggio dei potentati privati, e si aumenta, se ancora vi sia margine, la rete di corruzione tessuta pazientemente da decenni e che non ha risparmiato nessun ambito della convivenza civile.
Una volta silenziato il Diritto e comprato le massime cariche istituzionali, non sembra davvero restare alcun dubbio che i sommi sacerdoti del Nuovo Ordine Mondiale si stiano preparando a celebrare il loro successo. Cosa potrebbe impedire questo tanto agognato loro sordido orgasmo? Il Potere sa che non ci saranno rivoluzioni neppure quando l’esproprio di beni e della dignità raggiungerà l’obiettivo dichiarato: Non avrai nulla e sarai felice! Avrai un identità digitale e godrai di tutti i benefici del progresso votato al tuo servizio: ti muoverai da ameba in uno spazio rigorosamente videosorvegliato e una dimensione algoritmica onnivora ti innesterà i soli sogni a te possibili. È chiaro che non avrai bisogno della libertà: cosa ne faresti? Conoscere la verità ti darebbe solo disturbo e frustrante rabbia. Comportati bene e non avrai alcun problema. Parola di WEF! I cui eletti e illuminati filantropi si sono tanto impegnati negli anni per confezionarci finalmente il loro delirante paradiso. Il loro, certo, ma per noi.
Per chi riuscirà a vederlo, naturalmente, questo Eden, perché la stagione del raccolto è ormai imminente. È possibile che tutto ciò che di tossico è stato messo in corpo a miliardi di persone in questi ultimi anni compia il suo lavoro: farmaci, sieri genici, onde elettromagnetiche, aerosol chimici, pesticidi e alimenti alterati rappresentano ordigni a orologeria. Sapremo presto qual era il timing preventivato per la prima tranche di abbattuti da malori improvvisi. Terribile anche solo pensarlo: i tanto decantati progressi della medicina e della scienza affogano nella squallida banalità. Dichiarare un decesso come causato da malore improvviso è il trionfo della più bieca stupidità. Devastazione neuronale da credulità irreversibile! Su questo fronte ormai nessuna battaglia è immaginabile. Gli obici dei Pochi hanno bocche di fuoco da spazzare in un niente ogni temeraria baionetta patriottica. Non può esserci trincea in cui avere riparo. C’è stato un momento in cui nel cuore degli irriducibili pulsava vigoroso il coraggio di osare Armageddon, ma la saggezza dissuade da un massacro annunciato! Non è al tavolo della forza che va mostrata la fierezza dei patrioti evoluti. No, a ragion veduta. Ma neppure è ormai questione di pensare ad un qualche illusorio cambiamento attraverso le civili vie democratiche, come tramite quella farsa insopportabile chiamata elezioni. La democrazia non è mai esistita se non come un ingannevole abbaglio per coprire la tremenda verità.
Dal 1934 l’Italia è una Company! Per volontà del presidente americano Franklin Delano Roosevelt, probabilmente ben consigliato dall’onnipotente deep state che lo attorniava, apparentemente a incentivo di quel New Deal che facesse scordare la crisi del 1929, nasce la U.S. Securities and Exchange Commission. Il fatto strabiliante è che, con le numerose Aziende della lista, si leggono, salvo poche eccezioni, i nomi di moltissimi Stati. Nel nostro caso, troviamo ITALY REPRBLIC OF! E vengono fornite le Company Information, costituite da un numero identificativo (CIK: 52782), da un SIC (8888 – Foreign Governments) e da un Business Address: MINISTRY OF ECONOMY AND FINANCE, VIA XX SETTEMBRE, 97, ROME, Italy, 00187 – Phone: (44) 20 7519 7000 (Da notare che il numero 44 è il prefisso internazionale del Regno Unito). Non poteva mancare un recapito postale. Ecco il Mailing address per quanti vogliono contattare la Repubblica Italiana: C/O SASM&F (UK) LLP, 40 BANK STREET, CANARY WHARF, LONDON, United Kingdom, E14 5DS. Bisogna scrivere a Londra. È dalla City infatti, dal Miglio Quadrato, che si governa l’Italia!
Ogni dato è ampiamente verificabile. A comprova che l’Italia è una Company a tutti gli effetti, si scopre, non senza raccapricciante stupore, che la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio (Governo), il Senato della Repubblica e la Camera dei Deputati sono tutti titolari di Partita IVA. Si tratta dunque di aziende. Il Parlamento è il consiglio di amministrazione e i cittadini sono la merce. Ecco quindi compreso perché la Politica sia stata assassinata, i politici siano impiegati passacarte di un bord sovranazionale inaccessibile, le elezioni siano una colossale, fuorviante e inutile fumosità per gli allocchi creduloni. Si potrà votare qualunque schieramento e qualsivoglia leader burattino del momento, ma i fili sono i mano ai pupari che da almeno tre secoli sono andati consolidando il loro potere finanziario. Re, Presidenti, Despoti vari e persino i Papi contano ormai meno di nulla: figure scialbe, docili segugi a cui i banchieri di alto lignaggio semita gettano qualche osso per continuare a farli sentire importanti. Si attribuisce alla sfacciata perspicacia di Voltaire uno spunto di riflessione notevole, per altro attualissimo: Per capire chi vi comanda basta scoprire chi non vi è permesso criticare. Hai dei dubbi?
Il motto universale della massoneria è Ordo ab Caho! Qualunque caos è il benvenuto perché in esso i demiurghi, i più avanzati in livello tra i muratori iniziati con squadra e compasso, sanno come stabilire l’ordine. Il loro. Qualcuno si sente tanto impavido da affrontare le Logge a viso aperto? Un altro potentato storico ben organizzato porta il nome di Fabian Society. Questi fautori dell’epigenetica amano raffigurarsi come lupi travestiti da agnelli e hanno un motto assai eloquente: When I strike, I strike hard! Sì, chiaro ci arriva il messaggio: procediamo con immensa pazienza ma quando colpiamo, colpiamo duro! Nessun dubbio sulla loro determinazione perché questa è gente che non sa scherzare e, accecati dalla loro sociopatia, i fabiani sentono che sta per avverarsi il loro sogno, lentamente preparato nei decenni. Qualcuno vuol metterla sui muscoli e ritiene di picchiare più forte di questi? Nessuno deve essere impedito di cimentarsi nel corpo a corpo se tanto è certo della propria prestanza: basta sappia che difficilmente riuscirà a vibrare il primo colpo. Immolare se stessi sull’altare della temerarietà non modificherà i piani dei Pochi né i tempi della loro attuazione.
Allora, cosa fare? Ciascuno scelga quel che ritiene sia giusto. Una questione, forse come non mai, di responsabilità irreversibile. Nessuna certezza, solo fiducia incrollabile di trovarsi in un Universo benevolo, retto da leggi, la suprema tra le quali è la legge dell’Amore. Personalmente vedo come degno del mio impegno solo la quotidiana disponibilità ad elevare il mio livello vibrazionale. Operazione questa che ha un solido fondamento scientifico nelle dichiarazione di Nikola Tesla: Se vuoi scoprire i segreti dell’universo, pensa in termini di energia, frequenza e vibrazione. Possiamo far leva solo su di noi stessi, forti della convinzione che tutto il potere proviene dall’interno e che cercare soluzioni nel mondo esterno e dal mondo degli effetti è esposizione certa al fallimento, come ampiamente testimoniato dai fatti. Il principio Inside-Out è un’evidenza, ma tuttavia solo per quanti hanno investito tempo e fatica nella loro crescita personale, scegliendo spesso tra allettante divertimento e letture, meditazione e corsi non sempre senza titubanza, preferendo tuttavia differire il piacere immediato a vantaggio di quello meno visibile, nel percorso accidentato che porta a diventare persone migliori. Tra momenti di sconforto, resistenze ed e incomprensioni, chi ha scelto la via della consapevolezza si è trovato in una posizione non facile quando ha cominciato a percepire che più facciamo progressi interiori, più diminuisce il numero di coloro con cui possiamo realmente comunicare (Emil Cioran).
Una volta compreso che l’unica vera azione efficace consiste nell’emettere vibrazioni auree, attraverso le frequenze di pensieri ed emozioni elevate, come la pace, la felicità, l’amore, muta inevitabilmente il senso da dare alla propria presenza nel mondo. E ambire agli hertz più alti, sentendosi in cammino verso l’armonia dell’illuminazione, rappresenta il dono offerto ad una coscienza che si nutre di giustizia e di bellezza. Che è figlia dell’istante in cui si capisce che l’armonia e la felicità sono stati di coscienza che non dipendono dal possesso di cose. Un modo di essere questo che difficilmente si comprende fuori da un quadro di riferimento sapienziale nel quale sia accettata la verità della nostra natura spirituale e della nostra unità con la Mente universale che è la Sostanza di tutte le cose. Il movimento vibrazionale che elevi dagli stati di depressione, rabbia e ansia a quelli dell’entusiasmo, del fervore e della fiducia in se stessi richiede uno sguardo diverso sulla natura umana, con l’apprezzamento della sua essenza divina, per quanto offuscata dall’avidità malata dei Pochi e dalla diffusa e inebetita distrazione dei Tanti.
Siamo abituati a pensare ad una rappresentazione lineare della storia, secondo lo schema cristiano che pone un inizio nella creazione e un compimento nel giudizio universale. Non è la sola possibilità: anche un’interpretazione ciclica è legittima e la prospettiva di un eterno ritorno è tutt’altro che insostenibile. Stiamo sperimentando l’ultimo colpo di coda di un età del Ferro che vomita tutta la sua ruggine accumulata in secoli di criminosa e bellicosa avidità? Forse sì. I Pochi stano producendo l’estremo tentativo di imporsi definitivamente come i sommi sacerdoti dell’Eden messianico, come gli eloim satanici nemici della vita? Parrebbe. Comunque sia, l’accelerazione è palpabile e la necessità di arrestare il processo di risveglio dall’ipnosi in numerose persone impone di agire presto. Molte delle menzogne propinate negli ultimi anni sono state scoperte e si fatica a nascondere le tante nefandezze assassine compiute così spudoratamente. Accadrà. Prepararsi all’impatto. Passare attraverso una speciazione sembra inevitabile, ma, per quanto lunga e fredda possa essere una notte, l’alba non mancherà all’appuntamento.
Ingenuità crederlo? Perché scrivere di ciò che ai più pare strano e persino impossibile? È da sempre così per i filosofi, lacerati tra lo stare tra gli uomini e offrire loro punti di vista diversi da quelli noti e angusti, esponendosi all’incomprensione, oppure isolarsi con la propria anima nel silenzio rassegnato al disinteresse per ogni parola diversa. Diceva così uno di questi separati dal mondo: Si possono concepire i filosofi come persone che compiono sforzi estremi per sperimentare fino a che altezze l’uomo possa elevarsi. E per quanto impegno ci sia stato, ci sono vette ancora da raggiungere, ma non prima che ciò che deve accadere accada. Si addensano le nubi dense del transumanesimo e con la loro oscurità sta per concludersi il ciclo del fare per lasciar spazio ad un nuovo tempo: osare essere! Il non agire contemplativo ristabilirà l’Antico Ordine Mondiale, a discapito di tanto delirio e volontà annientatrice. Un passaggio, quasi un inizio, scandito dal dileguarsi degli ologrammi bugiardi che cedono il posto al linguaggio della gratitudine che si nutre di semplicità e di ricerca del bene per se stesso. Dalla distrazione nel mondo alla concentrazione nel pensiero creativo: ecco la vera fucina dell’Età dell’oro di ultima generazione sul calco di quel modello così caro ai poeti. Ascolto e dialogo interiore con il dàimon, esperienza di beatitudine che dissolve la complessità in Unità, ricapitolando le parti nell’armonia del Tutto.
Ci sono consapevolezze a cui si giunge non senza febbre e lacrime, dove si confondono spasimo e meraviglia: non importa quale sia la difficoltà, non conta dove sia, non ha alcuna importanza chi sia coinvolto, una sola è la verità: non abbiamo altro paziente che noi stessi. Tutto il potere proviene dall’interno È solo questione di convogliare pensieri ed emozioni nella direzione della perfezione della natura umana, cogliendo l’essenziale, quello che è invisibile agli occhi. Alla paura si fa fronte solo con il coraggio della felicità. E il modo per generare il vero cambiamento in noi stessi e, di riflesso, nel mondo, attraverso l’elevazione del livello vibrazionale, è la via spirituale. Il supremo e più e più efficace agire si chiama contemplazione: L’attività di Dio, che per beatitudine eccelle, è l’attività contemplativa. Quindi anche tra le attività umane quel che è più congenere a questa, sarà quella che è più capace di render felici. Per quanto dunque si estende la contemplazione di tanto si estende anche la felicità (Aristotele).
Ecco, io al momento qui ho finito. Tra post e libri ho scritto molto in questi ultimi quattro anni. Dopo questo articolo non so davvero cos’altro potrei aggiungere. Solo degli auguri contemplativi per coloro che li sanno apprezzare. E qualcosa da non dimenticare: Quanto più in alto ci innalziamo, tanto più piccoli sembriamo a coloro che non possono volare (F. Nietzsche).
Un abbraccio.
Mauro bellissimo post, per vie diverse siamo arrivati alla stessa conclusione….