Confesso che non ho ancora elaborato bene questo elemento della Cultura per la Vita, mentre stiamo ancora sperimentando un’esperienza di pericolo e di morte. Non c’è dubbio ormai, almeno per me, che la montatura dello spettacolo pandemico, tra i tanti risvolti e retroscena inconfessati, rappresenta un colpo inferto alla voglia innata di espressione umana di sé che si concretizza nelle più svariate forme culturali di cui l’intelligenza e il sentimento sono gli artefici. Ti sei accorto? In uno stato di paura provocata, l’istinto conservatore pensa alla soddisfazione dei bisogni primari di protezione e sicurezza e meno a produrre arte. Il Progetto Covit-19 voleva dare un segnale subdolamente chiaro: Gente, non pensate più a vivere: d’ora in avanti vi terremo in uno stato di tale perenne emergenza che sopravvivere sarà per voi più che sufficiente! Peccato si continui a pensare in primis ai danni economici dell’emergenza in atto: un altro modo di distrarre dai veri danni che si voleva provocare nella psicologia umana, ficcandone la forza creativa, vitale, che ha nella elevazione dello spirito verso il piacere e la felicità uno dei sui elementi portanti.
Non è qui il luogo per un esame del concetto di cultura nel mondo attuale e dei vari modi in cui essa possa essere intesa. Come dice la sua origine, il termine cultura viene dal verbo latino colĕre che significa “coltivare”. Tra le molte definizioni che si possono trovare, mi piace particolarmente quella ampia e completa che descrive la cultura come “l’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo”. Non ignoro tuttavia che parlando di cultura si coinvolgono anche le conoscenze relative a una particolare disciplina, ai fini di una specifica preparazione in uno o più campi del sapere, come pure il complesso delle esperienze spirituali e delle realizzazioni artistiche e scientifiche maturate in un ambiente determinato.
Quindi parlare di cultura significa toccare il cuore della personalità dell’Essere Umano tanto come individuo che come soggetto che intesse relazioni: infatti, in senso antropologico, con cultura si può intendere anche come il complesso delle manifestazioni della vita materiale, sociale e spirituale di un popolo o di un gruppo etnico, in relazione alle varie fasi di un processo evolutivo o ai diversi periodi storici o alle condizioni ambientali. Che ci siamo accorti o no, il Progetto Coronavirus è un’operazione di cambiamento culturale, e non certo in meglio. In passato la rivoluzioni miranti a modificare la cultura di un popolo passavano attraverso il sangue e con l’uso della forza bruta: sarebbe superfluo richiamare gli eventi storici che conosciamo dalla scuola media, associati a personaggi che hanno forzato la natura umana costringendola a qualcosa che umano non era. Nessuna “grande marcia” o ideologia che brucia i libri ha nobilitato l’Umanità. Oggi le forme apertamente violente sono sostituite da manovre di manipolazione sottile fondate su studi di psicologia applicata al comportamento umano. Non avremmo dovuto essere sorpresi: siamo stati preparati già da molti film.
Tutto questo ha buon gioco a condizionare ancora moltissime persone perché fragili nella consapevolezza di sé e del proprio mondo si lasciano sovvertire culturalmente. E non è questione di avere studiato o meno, avere lauree o meno: la questione è data dalla capacità di usare l’intelligenza di cui tutti siamo dotati per dare un senso e uno scopo alla nostra vita: da cui parte la cultura. Questa emergenza sta portando in luce l’aver trascurato a lungo l’impegno principale cui avremmo dovuto dedicarci: conoscere noi stessi!
Era scritto a Delfi e quasi tre millenni fa lanciava il monito alle generazioni di tutti i tempi, ad ogni uomo e donna della Terra, in qualunque momento avrebbero emesso il primo vagito: O uomo, conosci te stesso! Malgrado nei secoli si sia accumulata una ricchezza impressionate di esperienze artistiche di ogni genere a celebrare la genialità del pensiero dei tanti che hanno lasciato traccia sapiente del loro passaggio nella storia, qualcosa di importante ha fatto difetto. Ancora la conoscenza di chi siamo è lontana dal traguardo. Molto lontana. Mi par tuttavia di capire che da alcuni decenni è in corso un processo di maggiore elevazione in tante persone alla consapevolezza della propria natura spirituale e della propria unità con la Mente Universale che è la Sostanza di tutte le cose. E questo ha preoccupato chi sa che quando una persona giunge alla conoscenza di se stessa in questo modo è invincibile.
Signori, siamo sotto attacco culturale!
Allora possiamo elaborare un piano per affrontare il presente e il futuro, a partire da domani, con un nuovo approccio. A mo’ di tracciato lancio qualche elemento su cui – se utile – trarre motivo di riflessione, in modo che agire sia in sintonia con una visione coerente delle finalità da perseguire.
Primo. Ripartiamo dall’umiltà di essere creature in viaggio, che cercano per trovare ma che troveranno solo la possibilità di cercare ancora. In quella autocoscienza di ignoranti del mistero della Vita che venerano la saggezza socratica del sapere di non sapere. E allora, caduta ogni arroganza, si sperimenterà la creazione di nuovi scenari culturali, a celebrazione del Nuovo Umanesimo Eticratico in un inno condiviso alla felicità.
Secondo. Un pensatore si chiedeva se dopo Auschwitz si potesse ancora fare filosofia. Domanda legittima, la mia risposta è sì. L’uomo non smetterà mai di fare filosofia e di produrre cultura perché è insito nello spirito di chi diviene consapevole della propria semenza, di esser stati fatti non a viver come bruti ma per seguire virtute e canoscenza! Dunque, forti di una dotta ignoranza continuiamo ad avanzare verso la verità, pur tra incertezze e lunghe ombre, radicati nella nostra incrollabile e illimitata fiducia nella Natura Umana. In noi stessi. Nessuna forza al mondo vince la potenza di un Pensiero ispirato dall’Amore per il Bene.
Terzo. Una sfida impegnativa ci attende affinché la Cultura per la Vita torni (o cominci) ad irradiare la sua luce su una nuova stagione dell’Umanità: lavorare ad una comunicazione che si fondi sulla impeccabilità della parola. Se è vero che c’è una musica più eloquente di molte parole e dipinti, sculture e architetture che raccontano con retorica inimitabile l’eccellenza del genio umano, è pur vero che la parola detta o scritta plasma, oltre la letteratura, la quotidianità delle relazioni umane. E queste domandano di essere ispirate da una cultura dove l’etica del pensare sia in armonia con il dire e questo non faccia cacofonia con l’azione. Stiamo scivolando in una Babele comunicativa, dove si uccide l’ascolto e le grida sono la modalità ordinaria della narrazione di sé. Introduciamo esempi anticonformistici. Orgogliosamente.
Quarto. Nei giorni dell’emergenza abbiamo assistito alla spettacolarizzazione delle notizie. Lo show mediatico ha catturato l’attenzione degli incauti con composizione di parole e immagini propinate da abili (più o meno) intrattenitori nei panni di servi del potere. Lo sappiamo dei padri della sociologia: una fatto non vero, creduto vero, produce effetti veri. L’informazione sotto dettatura mirava a ottenere il risultato di convincere di un pericolo che tale non era ma che ha generato reazione neurali non riflesse, stressando il sistema immunitario e lascio dedurre a te le conseguenze. Cosa c’è di genuinamente culturale in tutto questo? Perché propinare ripetutamente statistiche di decessi e bare per impressionare le menti non sempre attente dei teleutenti se non per vincere le resistenze e addomesticare le intelligenze? Non torno su quanto ho già scritto riguardo ai media di casa nostra. Ricordo che tempo fa era in uso l’espressione “cultura dominante”, perché in un momento a forte densità ideologica si contrapponevano culture denominate “di sinistra”, “di destra”, “religiosa”, “pacifista”… La cosa più terribile è quando la cultura dominate è l’ignoranza della Virtù.
Quinto: Nelle settimane e nei mesi che verranno gli interrogativi alle nostre coscienze saranno più di uno e forse non sapremo trovare le risposte. Uno stato di confusione potrebbe portarci sgomento sul futuro che una paura liquida ci sta impedendo di vedere. C’è sempre stato un futuro e ancora ci sarà finché ci sarà amore per la Bellezza. Al tanto che abbiamo ricevuto dalla genialità culturale di molti uomini e donne del passato, adesso ci è chiesto di aggiungere il nostro contributo di generazione digitale che ritrova il gusto per indagare in modo inedito sulla Verità della Vita. Essere protagonisti di una stagione culturale sapienziale, dove il potere del moralmente bello abbagli chi ancora trama disumanità nella melma della propria psicologia scolorata di divinità. Ce la possiamo fare. Dipende da noi.
Sesto. Mi piace l’interpretazione di chi legge questo momento pandemico come una chiamata della storia. E bisogna certamente dare una risposta perché far finta di nulla significherà essere travolti. Scrivevo sopra che cultura dice in sintesi consapevolezza di sé e del proprio mondo: chi riesce a vedere e sentire cosa c’è in gioco saprà elaborare le informazioni e le sensazioni in un modo efficace da generare nuovi pensieri e nuovi comportamenti. Riuscirà in una esperienza che accrescerà il suo valore facendo risaltare le Virtù di un’Umanità rinfrancata. L’uomo di valore – scrive Aristotele – si distingue per il fatto che vede il vero in ogni cosa, in quanto ne è regola e misura. Può apparire esagerato, ma a ben guardare l’unico modo per sconfiggere il buio è accendere la luce. E se uniamo i nostri raggi, per poco che siano da soli, uniti possono essere fotoni tanto potenti da illuminare una nuova strada in cui percepire il nostro Mondo come mai lo abbiamo veduto brillare nei suoi caratteri trascendentali: Uno, Vero, Buono, Bello.
Sì, soprattutto, Bellissimo!